Capitale investito +25,5 mld: i fondi sovrani non battono in ritirata
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Capitale investito +25,5 mld: i fondi sovrani non battono in ritirata

SECONDO IL RAPPORTO 2015 DEL SOVEREIGN INVESTMENT LAB DELLA BOCCONI, PUBBLICATO OGGI, IL CROLLO DEL PREZZO DEL GREGGIO HA PENALIZZATO BANCHE CENTRALI E FONDI DI STABILIZZAZIONE, MA NON HA FERMATO L'AVANZATA DEI FONDI SOVRANI. L'EUROZONA BATTE IL REGNO UNITO

Anche nel 2015 i fondi sovrani hanno aumentato il capitale investito, portandolo a 4.978,16 miliardi di dollari (+25,5 miliardi), nonostante le voci di smobilitazione che si sono susseguite tutto l’anno a seguito del crollo dei prezzi del petrolio, la commodity che finanzia una buona parte dei fondi sovrani. Lo riporta il Sovereign Annual Report 2015 del Sovereign Investment Lab (Sil) della Bocconi, presentato oggi presso la sede di Borsa Italiana e significativamente intitolato The Sky Did Not Fall. “Ancora una volta le vendite si sono ancora rivelate inferiori ai nuovi investimenti”, afferma il responsabile del Sil, Bernardo Bortolotti.
 
I fondi sovrani hanno reagito al periodo di prolungata incertezza con una strategia di diversificazione del portafoglio. Nel 2015 hanno, infatti, portato a termine un alto numero di deal, ma con un basso valore unitario. A fronte di un aumento del 40% nel numero dei deal, arrivati a 186, si registra una diminuzione del 30% nel valore totale, a 48 miliardi di dollari. I disinvestimenti ammontano a soli 22,4 miliardi di dollari. “A soffrire il calo del greggio non sono stati i fondi sovrani propriamente intesi”, chiosa Bortolotti, “ma altre entità a controllo pubblico, come le banche centrali e i fondi di stabilizzazione, costretti ad attingere copiosamente alle riserve”.
 
La diversificazione si è concretizzata anche nel forte aumento degli investimenti al di fuori del paese di appartenenza (saliti al 94% del totale) e in uno spostamento verso i paesi già sviluppati (che hanno attratto il 71,9% degli investimenti, una quota mai raggiunta prima). Gli operatori si sono, inoltre, indirizzati a investimenti alternativi e sicuri: il 56,9% del valore è da attribuire a investimenti in real estate, hotel e strutture turistiche, infrastrutture e utility, settori che offrono ritorni solo nel lungo periodo, pagando un premio per l’illiquidità dell’investimento – un altro segno contrario alle voci di smobilitazione girate nel corso dell’anno.
 
In termini geografici i fondi sovrani hanno anticipato la Brexit: nel 2015, per la prima volta, gli investimenti nei paesi dell’eurozona (8,56 miliardi di dollari) hanno superato quelli nel Regno Unito (6,16 miliardi), in un quadro complessivo che ha visto un ribilanciamento geografico a favore dell’Europa e a discapito degli Stati Uniti.
 
Un ultimo trend emergente, individuato dal Rapporto, è la crescita delle Sovereign-Private Partnership, ovvero degli investimenti in collaborazione tra fondi sovrani e investitori privati, che nel 2015 hanno raggiunto il 50% del totale.
 
Il Sovereign Investment Lab è stato ufficialmente riconosciuto come research and educational partner dell’International Forum of Sovereign Wealth Funds (Ifswf), l'associazione dei fondi sovrani globali. “Siamo onorati di questo risultato”, afferma ancora Bortolotti, “un segno tangibile della qualità della nostra ricerca e della sua rilevanza per la comunità dei nostri stakeholders”.
 
Il rapporto è stato realizzato con il supporto di Intesa Sanpaolo, Pwc e Cassa depositi e prestiti.

di Fabio Todesco
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