Chi ben informa e' a meta' dell'opera. Come le informazioni possono modificare le attitudini verso gli immigrati
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Chi ben informa e' a meta' dell'opera. Come le informazioni possono modificare le attitudini verso gli immigrati

DIEGO UBFAL E DUE COLLEGHI DIMOSTRANO CHE LE PERSONE ALLE QUALI SONO STATE COMUNICATE LE CIFRE REALI DELL'IMMIGRAZIONE TENDONO A RIDURRE LA LORO OSTILITA'. SOPRATTUTTO SE SONO REPUBBLICANI

I governi potrebbero migliorare le attitudini verso gli immigrati con un intervento semplice, poco costoso ed efficace: fornire una corretta informazione sul tema. È questa l'implicazione principale di Does Information Change Attitudes towards Immigrants? Evidence from Survey Experiments, un working paper di Diego Ubfal (Dipartimento di Economia, Università Bocconi) con Alexis Grigorieff e Christopher Roth (University of Oxford).
 
In tutto il mondo sviluppato le persone sovrastimano la percentuale di immigrati nel loro paese e hanno credenze distorte su di loro. In Italia, per esempio, la stima media della popolazione immigrata è del 24%, mentre la quota effettiva è del 7%; negli Stati Uniti le cifre sono il 37% e il 13%. "E anche se la letteratura postula che fornire informazioni non ha un forte effetto su percezioni e preferenze, noi non ne eravamo convinti", dice Ubfal.
 
Gli studiosi, allora, hanno analizzato i risultati del Transatlantic Trends Survey (TTS), una vasta indagine con quasi 20.000 partecipanti. Nel TTS a metà del campione è stato chiesto se gli immigrati fossero troppi, mentre l'altra metà è stata prima informata sulla percentuale di immigrati e solo inseguito gli si è chiesto se gli immigrati fossero troppi. L’informazione si è rivelata avere un effetto forte: la percentuale di italiani che considera gli immigrati troppo numerosi è del 51% tra i non informati e del 28% tra gli informati; le stesse percentuali, per gli americani, sono il 39% e il 23%.
 
"Fornire informazioni solo sulla percentuale di immigrati, però, è un intervento leggero e l'indagine non consente di esaminare se gli effetti siano permanenti. Così abbiamo progettato un nostro sondaggio online per gli Stati Uniti, utilizzando Amazon MTurk", continua Ubfal. In primo luogo, a tutti gli 800 intervistati è stato chiesto di stimare alcuni dati sugli immigrati, che loro hanno parecchio sovrastimato: quota di immigrati (stimata 22%, corretta 13%), di immigrati clandestini (14% vs 3%), di immigrati disoccupati (22% vs 6%), di immigrati in carcere (13% vs 2%) e di immigrati che non parlano inglese (33% vs 8%). A metà del campione sono stati, quindi, forniti i dati corretti e l'indagine è andata avanti con domande sulle attitudini e preferenze politiche. L’informazione si è rivelata avere un forte effetto sugli atteggiamenti dichiarati e un piccolo, ma statisticamente significativo, effetto sulle preferenze dichiarate circa le politiche sull’immigrazione.
 
L'indagine ha mostrato che l'informazione ha qualche effetto anche sul comportamento, dal momento che gli intervistati destinatari delle informazioni erano più disposti a donare ad un ente di beneficenza pro-immigrati (+30% rispetto ai non informati). L'effetto, però, non si estende al comportamento politico, perché nessuna differenza è stata riscontrata nella quota di firmatari di una petizione per chiedere di aumentare il numero di Green Card (l'autorizzazione a vivere negli Stati Uniti).
 
I più influenzati dalle informazioni erano i più preoccupati per l'immigrazione. Fornire informazioni ha un effetto maggiore sui repubblicani che sui democratici. Un sondaggio di follow-up a distanza di un mese ha mostrato che l'effetto dell’informazione persiste.
 
"I nostri risultati sono promettenti", dice Ubfal, "e stiamo progettando di estendere l'analisi a un campione rappresentativo della popolazione degli Stati Uniti e, forse, all'Europa. Ora stiamo cercando di capire perché esiste una distorsione così forte, anche se le informazioni relative agli immigrati sono pubblicamente disponibili. Alle persone, in fondo, non interessano? Sono informazioni difficili da recuperare? La disinformazione dei media gioca un ruolo?".

di Fabio Todesco
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