La psicologia tra voto e proteste
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La psicologia tra voto e proteste

UN MODELLO DI PASSARELLI E TABELLINI INTRODUCE QUESTA VARIABILE E NE STUDIA GLI EFFETTI

Il voto non è l’unico canale attraverso il quale i cittadini influenzano le politiche del governo. In Emotions and Political Unrest, Francesco Passarelli, docente di European economic policy, e Guido Tabellini studiano il canale delle proteste politiche, introducendo in letteratura variabili di tipo psicologico. «Gli individui protestano perché sono mossi da emozioni come rabbia e frustrazione», spiega Passarelli. «Tipicamente gli individui sviluppano tali emozioni quando ricevono dal governo meno di quanto ritengono sia loro diritto ricevere. In un modello razionale gli individui scenderebbero in piazza per segnalare una preferenza politica. Nel nostro modello, scendono in piazza per manifestare la propria frustrazione».

La protesta politica è un fenomeno collettivo. Il beneficio ricevuto aumenta con l’aumentare del numero di persone che scendono in piazza. Questo meccanismo può facilmente dare luogo a fenomeni di tipo esplosivo. «Si pensi alle ondate di protesta nel mondo arabo, a Hong Kong e in vari paesi dell’UE». Nel tentativo di accontentare gruppi che protestano per motivi diversi e non compatibili, il governo mette in atto politiche socialmente non ottimali. La distorsione è a favore dei gruppi più piccoli, omogenei e con preferenze politiche più estreme.

«Guarda caso, sono favoriti proprio i gruppi che esercitano una minore influenza alle urne». Passarelli e Tabellini introducono inoltre un effetto di rassegnazione. Gli individui formulano aspettative precise nei confronti del governo. Tuttavia, nei periodi di difficoltà economica le pretese si riducono. Di conseguenza si riducono anche le proteste. «Noi troviamo che, a parità di altre condizioni, i cittadini protestano meno quando il debito del governo aumenta». Il governo ha pertanto un incentivo a dilazionare politiche dolorose attendendo il momento il cui i cittadini sono rassegnati a subirle. «Un simile approccio che combina economia e psicologia», conclude Passarelli, «sarebbe utile per studiare anche il voto di protesta o il populismo».

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