Le donne in parlamento salvano vite. Tantissime vite
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Le donne in parlamento salvano vite. Tantissime vite

SECONDO UNO STUDIO PUBBLICATO SU DEMOGRAPHY, CON UNA DOTTORANDA BOCCONI TRA GLI AUTORI, QUANDO LA RAPPRESENTANZA FEMMINILE NEI PAESI MENO SVILUPPATI E DEMOCRATICI PASSA DA MENO DEL 10% A OLTRE IL 30%, LA MORTALITA' INFANTILE DIMEZZA E LA MORTALITA' MATERNA DIMINUISCE DELL'80%

Le donne in parlamento possono salvare le vite di donne e bambini, soprattutto nei paesi meno sviluppati economicamente e meno democratici, secondo uno studio di ricercatori dell'Università Bocconi, Università di Limerick e London School of Economics and Political Sciences, pubblicato su Demography. In questi paesi, quando la quota di donne in parlamento passa da meno del 10% a più del 30% (soglia auspicata dalle Commissioni per le Pari Opportunità delle Nazioni Unite), la mortalità infantile si dimezza, da 60 a 30 per 1.000, e la mortalità materna si riduce dell'80%, da 250 a 50 per 100.000.
 
Dato che le donne danno priorità al benessere materno e infantile, è lecito attendersi che una quota maggiore di donne in parlamento si traduca in una minore mortalità materna e infantile.
 
«Secondo i nostri risultati», dice Naila Shofia, dottoranda dell'Università Bocconi e co-autrice dello studio, «le quote di genere sono utili soprattutto dove sembra meno scontato. Il buon senso suggerisce che, nei paesi sviluppati e democratici, i canali consolidati facilitino la trasmissione di politiche a sostegno delle donne. Tuttavia, nei paesi sviluppati esistono già sistemi di welfare che proteggono le donne e i bambini, con la libera stampa e le ONG a controllare che questi sistemi non vacillino. Di conseguenza, le parlamentari, in questo contesto, possono fare solo una differenza marginale. Nei paesi in via di sviluppo, al contrario, possono contribuire a creare tali sistemi di welfare sollevando la questione in parlamento nel caso in cui la stampa e le ONG non riescano a farsi ascoltare».
 
La percentuale di donne nei parlamenti di tutto il mondo è aumentata dal 6,2% del 1975 al 20,4% del 2015, le quote sono in vigore in paesi come il Ruanda e 42 paesi hanno già raggiunto la soglia del 30% raccomandata dall'Onu. Per capire se la rappresentanza descrittiva (una congrua percentuale di donne in parlamento) si traduce in una rappresentanza sostanziale (una migliore rappresentanza degli interessi delle donne), gli studiosi analizzano la composizione del parlamento e i tassi di mortalità materna e infantile in 155 paesi tra il 1990 e il 2014.
 
La rappresentanza politica delle donne risulta essere associata a una significativa diminuzione della mortalità materna e infantile, con i maggiori effetti in contesti di bassa democrazia e basso sviluppo economico e sociale, quando le donne detengono almeno il 30% dei seggi parlamentari. «La soglia è importante», dice Naila Shofia, «perché una bassa percentuale di parlamentari donne rischia non solo di essere inefficace ma anche di essere sfrutatta come legittimazione per le politiche scelte dalla stragrande maggioranza di parlamentari uomini».
 
Naila Shofia è dottoranda del PhD in Public Policy and Administration della Bocconi. Ross Macmillan (Università Bocconi e Università di Limerick) è stato direttore del PhD in Public Policy and Administration della Bocconi. Wendy Sigle è docente di gender and family studies alla LSE.
 
Ross Macmillan, Naila Shofia, Wendy Sigle, Gender and the Politics of Death: Female Representation, Political and Developmental Context, and Population Health in a Cross-National Panel, in Demography (2018) 55:1905-1934, DOI: 10.1007/s13524-018-0697-0.

di Fabio Todesco
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