Dalla Romania una lezione per il bilancio europeo
Le disparità economiche fra regioni, che rappresentano una delle cause dell'ascesa del populismo nell'Europa orientale, hanno radici lontane nel tempo. È il caso della Romania studiato da Carlo Altomonte, professore associato di Politica economica europea. Dopo la caduta del Muro di Berlino, la transizione a un'economia di mercato ha permesso al paese di crescere velocemente grazie ai travasi di capitali provenienti dall'occidente. Si trattava, però, di uno sviluppo sbilanciato. «Le regioni romene erano caratterizzate da attività produttive diverse», spiega Altomonte. «Per ragioni strategiche, in molti paesi nell'Europa dell'est l'industria pesante era localizzata nelle zone orientali. Là, al confine con l'Unione Sovietica, le industrie potevano essere difese in modo più efficace da un eventuale invasione da ovest».
Dopo la caduta del Muro, gli investimenti nei servizi e nei settori ad alta intensità tecnologica si sono concentrati nelle città e hanno trainato la crescita del paese.
Nelle zone industriali, le multinazionali hanno compiuto operazioni di ristrutturazione che hanno portato per alcuni anni a una perdita di posti di lavoro, creando tensioni politiche significative. Proprio per questo motivo ingenti risorse del budget europeo sono state destinate alla compensazione dei differenziali di crescita regionali: 345 miliardi di euro fra il 2007 e il 2013. «Le disparità regionali, non solo in Romania, ma in buona parte dell'Europa orientale, hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo di partiti a vocazione anti-europea. Pur essendo meno acute grazie al ruolo dei fondi europei, le disparità createsi all'inizio del processo di transizione non sono state del tutto riequilibrate. Bisogna tenerne conto nella gestione del bilancio europeo 2021-2027. La scelta di togliere troppe risorse allo sviluppo regionale può rivelarsi pericolosa».
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