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L'azienda familiare resiste meglio alla crisi e continua a dare lavoro

, di Fabio Todesco
Dal 2007 al 2012 l'occupazione A aumentata del 5,7%. Il peso della matrice familiare tra le mediograndi imprese A in crescita, ma il settore si trova di fronte ad alcune importanti sfide

La medio-grande impresa familiare è resiliente, ovvero tiene duro di fronte alla crisi. La quinta edizione dell'Osservatorio AUB su tutte le aziende familiari italiane con ricavi superiori a 50 milioni di euro, promosso da AIdAF (Associazione italiana delle imprese familiari), Gruppo UniCredit, Cattedra AIdAF-Alberto Falck di strategia delle aziende familiari dell'Università Bocconi e Camera di commercio di Milano, evidenzia che alla fine del 2012 il 58% delle aziende medio-grandi (con ricavi superiori ai 50 milioni di euro) era a controllo familiare, una percentuale in leggera crescita rispetto al 57,4% dell'anno precedente.

Non solo: i dati confermano che le aziende familiari hanno incrementato il numero dei dipendenti nel corso della lunga crisi: dal 2007 al 2012 l'occupazione è infatti aumentata del 5,7%.

Lo studio, a cura di Guido Corbetta, Alessandro Minichilli e Fabio Quarato, è basato sull'analisi dei bilanci di tutte le 4.249 aziende familiari italiane medio-grandi.

A confermare la resilienza della forma proprietaria familiare, solo l'8,3% delle imprese familiari, nel lungo periodo di crisi, è stato interessato da discontinuità quali cessione del controllo, fusioni e liquidazioni, contro il 10,4% delle coalizioni proprietarie e cooperative, il 13,4% delle filiali di multinazionali e il 14,6% delle imprese a controllo statale. Ciononostante si deve notare che, dal 2007 al 2012, anche se il numero complessivo delle aziende familiari nel radar dell'Osservatorio è rimasto sostanzialmente costante, ben un terzo di esse è mutato, a testimonianza di come la crisi sicuramente abbia lasciato il segno e ancora lo stia lasciando sul tessuto economico italiano, ma anche del fatto che nonostante tutto sia effettivamente possibile crescere dimensionalmente e competere sui mercati mondiali.

Dopo aver risposto meglio delle altre aziende ai primi segnali di ripresa nel biennio 2010-2011, le aziende familiari hanno registrato una contrazione dei ricavi superiore alla media nel difficilissimo 2012: -2,8% contro -1,3%, ma il dato delle altre imprese è influenzato dalla crescita (+4,7%) delle aziende statali, che sembrano godere di una certa protezione dalla crisi. Non tutte le altre tipologie fanno meglio delle familiari: le multinazionali registrano infatti un -2,9% e le aziende controllate dal private equity -4,2%.

La redditività operativa delle aziende familiari continua a essere superiore a quella delle altre (+0,4 punti), ma il gap va assottigliandosi nel tempo, mentre peggiora la capacità di ripagare il debito, misurata dal rapporto Pfn/Ebitda, che si attesta a 6,4 rispetto al 5,6 delle altre imprese delle stesse dimensioni. Infine, le aziende familiari si confermano quelle meno dipendenti dal capitale di terzi: il rapporto di indebitamento è sceso a 5,2 dal 5,8 del 2011.

"Abbiamo individuato otto sfide", afferma Guido Corbetta, titolare della Cattedra AIdAF-Alberto Falck, "che le aziende familiari si trovano ad affrontare per rilanciare la propria competitività: evitare la convivenza obbligata tra generazioni, nella forma di amministratori delegati multipli; pianificare la successione al vertice prima che sia troppo tardi; superare il soffitto di vetro che limita la crescita professionale delle donne; bilanciare leadership familiare e Cda familiare; radicarsi in una cultura non familistica; aumentare le competenze per fare acquisizioni; cambiare il focus geografico degli investimenti diretti all'estero; conoscere il private equity".