Capire la guerra attraverso l'economia
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Capire la guerra attraverso l'economia

MASSIMO MORELLI STUDIA IL CONFLICT RISK ANALIZZANDO, TRA L'ALTRO, IL RAPPORTO COSTI BENEFICI DEI DECISION MAKER E L DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DELLE RISORSE ECONOMICHE

Esiste un’informazione preziosa a cui sono interessati i policy maker, i servizi di intelligence, le imprese, gli investitori: dove si svolgerà la prossima guerra? La letteratura sulle spiegazioni razionali del conflitto fiorita a partire dalla metà degli anni ’90 s’incarica di dare una risposta a questa domanda. Massimo Morelli, professore di Political Science alla Bocconi, si occupa della materia da una decina d’anni. Per fornire spiegazioni sempre più convincenti, ha via via arricchito i suoi modelli di variabili in grado di stimare con maggiore precisione il conflict risk: il rapporto benefici-costi dei decision maker, la militarizzazione, il ruolo dei mediatori, la distribuzione geografica delle risorse economiche.
 
Falchi e colombe
Lo studio teorico del political bias rappresenta il primo approccio di Morelli alla questione dei conflitti, nel caso specifico le guerre fra Paesi. L’incentivo a fare una guerra dipende dal rapporto benefici-costi per i decision maker rispetto a quello del Paese nel suo complesso. “È la dimostrazione formale del fenomeno della democratic peace”, spiega Morelli, “ovvero la nozione secondo cui le democrazie, dove il political bias è minore, non combattono militarmente l’una con l’altra”. La scelta di un leader propenso alla guerra è spiegata dalla necessità di selezionare “falchi” che rappresentano una minaccia più credibile verso l’esterno. Il rapporto con i leader è al centro di un altro studio su corruzione ed estremismo nelle guerre civili condotto da Morelli con Antonio Nicolò delle università di Padova e Manchester. Secondo la ricerca, tuttora in corso, nel caso di contenzioso fra due gruppi etnici, la presenza nel passato recente di una classe dirigente corrotta conduce alla scelta di leader estremisti e altamente ideologizzati, che si presume siano meno corruttibili dal nemico.
 
Militarizzazione e mediazione
Nella letteratura sulla guerra i livelli di forza relativa dei giocatori sono dati. Per ovviare a questa limitazione, a partire dal 2009 Morelli ha introdotto nei suoi studi la variabile della militarizzazione, mostrando i limiti dei modelli preesistenti che individuano due soli tipi nelle relazioni internazionali, i falchi e le colombe. “Introducendo come fattore endogeno il livello di militarizzazione, emerge un terzo tipo: i deterrenti. La probabilità di una guerra deriva dal mix di deterrenti, falchi e colombe e dal ruolo di negoziatori come le Nazioni Unite”. In caso di conflitti che nascono da una situazione di asimmetria informativa, la presenza di mediatori è persino più efficace di quella di arbitri internazionali che possono imporre accordi vincolanti. L’opera del mediatore riduce sia la probabilità di guerra per ogni dato livello di militarizzazione, sia gli incentivi a militarizzarsi. “Significa che le Nazioni Unite non hanno la necessità di rafforzare il loro ruolo militare. Servono mediatori chiaramente neutrali e sopra ogni sospetto di parzialità. È il motivo per cui i negoziatori scandinavi hanno più successo di quelli americani”.
 
Il ruolo delle risorse economiche
La mossa successiva di Morelli è stata l’inclusione nei modelli della geografia e delle risorse. Dall’analisi dei conflitti fra Stati verificatisi a partire dal secondo dopoguerra emerge l’importanza della presenza asimmetrica di petrolio e gas. La guerra è più probabile fra Paesi che hanno un confine in comune e risorse asimmetriche oppure dove entrambi i contendenti possiedono risorse, ma esse sono distribuite per uno vicino e per l’altro lontano dalla frontiera. In un’analisi simile condotta però sulle guerre civili viene introdotta una nuova variabile, l’Oil Gini. Se il coefficiente di Gini misura la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, l’Oil Gini misura la concentrazione di petrolio e gas. “Le zone dove vi è grande concentrazione sia di risorse naturali, sia di minoranze sono quelle a maggiore rischio di guerra civile”.
 
Dai mass killings ai mass displacements
Il filone di studi su geografie e risorse naturali ha aperto un ulteriore campo d’indagine: i genocidi. La presenza di abbondanti risorse naturali, vincoli alla suddivisione delle rendite, bassa produttività e capacità statali ridotte spiegano i cinquanta casi di genocidio registrati dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il passo successivo, per Morelli, è lo studio di una delle conseguenze di guerre e massacri, ovvero i fenomeni migratori che si sommano alle migrazioni economiche e a quelle climatiche. “I mass displacements sono complementari ai mass killings”. Un altro filone collegato ai precedenti è quelle delle power relations, per il quale Morelli ha recentemente vinto un Erc Advanced Grant. “Abbiamo già ottenuto un primo risultato. Nei lavori in letteratura la variabile della disuguaglianza spiega l’insorgere delle guerre civili. Stiamo dimostrando che tale variabile sparisce di fronte a un motore molto più potente del conflitto interno ai paesi: l’asimmetria fra potere militare e potere economico”.
 
Per saperne di più
Political Bias and War, Matthew O. Jackson, Massimo Morelli, American Economic Review, 2007
Strategic Militarization, Deterrence and Wars, Matthew O. Jackson, Massimo Morelli, Quarterly Journal of Political Science, 2007
Mediation and Peace, Johannes Hörner, Massimo Morelli, Francesco Squintani, Review of Economic Studies, 2012
Dispute Resolution Institutions and Strategic Militarization, Adam Meirowitz, Massimo Morelli, Kristopher W. Ramsay, Francesco Squintani, working paper
The Geography of Interstate Resource Wars, Francesco Caselli, Massimo Morelli, Dominic Rohner, Quarterly Journals of Economics, 2015
Resource Concentration and Civil Wars, Massimo Morelli, Dominic Rohner, Journal of Development Economics, 2015
Strategic Mass Killings, Joan Esteban, Massimo Morelli, Dominic Rohner, Journal of Political Economy, 2015

di Claudio Todesco
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