Open Patenting. Dalle licenze ai brevetti virali, ma l'accademia e' scettica
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Open Patenting. Dalle licenze ai brevetti virali, ma l'accademia e' scettica

NON E' FACILE FAR PASSARE L'IDEA E FAVORIRE COSI' L'OPEN INNOVATION, SPIEGANO IN UN LORO LAVORO MARIATERESA MAGGIOLINO E MARIA LILLA' MONTAGNANI

“Sono stati aperti gli hardware dei computer per aumentare la capacità computazionale. Si sono aperte le biblioteche, dove i risultati della ricerca sono caricati gratuitamente in repository. È stato aperto il copyright. Perché non aprire anche i brevetti?”. È il punto di partenza del lavoro su open innovation e open patenting di Mariateresa Maggiolino e Maria Lillà Montagnani del Dipartimento di studi giuridici della Bocconi, che hanno mappato la situazione a livello internazionale in Standardized terms and conditions for Open patenting (Minnesota Journal of Law, Science & Technology, 2013). Maggiolino e Montagnani hanno studiato, in particolare, le licenze tramite le quali si possono condividere le innovazioni coperte da brevetto, tracciando una distinzione fondamentale fra ambienti recintati e non-recintati.

“Nel primo caso, si tratta di club di persone libere di utilizzare le innovazioni brevettate da chi si è associato al gruppo. Più interessante è il secondo caso in cui non è previsto alcun censimento dei partecipanti”. Si ispira ai contesti non-recintati la proposta di modello di open patenting avanzata nel paper al fine di facilitare l’accesso ai brevetti, evitando al tempo stesso l’appropriazione indebita. “La forma di brevetto aperto che riflette lo spirito della open innovation è quella che contiene una clausola virale”, spiega Maggiolino. “Grazie ad essa, chi usa un’innovazione brevettata e aperta è obbligato a mantenere aperte tutte le innovazioni che derivano da essa. Così facendo, la open innovation viene promossa e l’open patenting si diffonde come un virus”. In questa declinazione, il brevetto aperto è uno strumento on line e non è gestito da un’autorità centrale. Il creatore del brevetto non può chiedere un corrispettivo economico per l’uso del brevetto a fini di ricerca, ma ha la facoltà di scegliere se e a quale prezzo consentire lo sfruttamento commerciale. “L’ambiente accademico, soprattutto europeo, è piuttosto scettico”, nota Maggiolino. “Far passare questa idea non è facile”.

Per approfondire
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di Claudio Todesco
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