Il chip dell'influenza che batte il virus

Il chip dell'influenza che batte il virus

BIG DATA IN AIUTO DELLA MEDICINA IN UN PROGETTO IN CORSO DI ALESSIA MELEGARO

Chip e programmazione informatica per comprendere come si diffondono le malattie infettive e quali strategie vaccinali adottare. È un progetto in corso di Alessia Melegaro della Bocconi, in collaborazione con Fondazione ISI di Torino, Fondazione Bruno Kessler e Kenya Medical Research Institute. Lo scopo di Who contacts  whom? Social contact networks in Kilifi è lo sviluppo di un modello per studiare il virus respiratorio sinciziale che colpisce i neonati e per il quale non c’è ancora un vaccino a disposizione. In Europa il virus causa sintomi simili a quelli dell’influenza, nei paesi poveri è associato a un alto tasso di mortalità.

La ricerca si basa su dati raccolti nel 2016-2017 quando gli studenti di due scuole in Kenya, e un sottocampione di loro famigliari, hanno portato con sé per una settimana un chip grande come una moneta, sviluppato dal consorzio SocioPatterns, che registrava ogni contatto ravvicinato, sufficiente cioè per trasmettere un’infezione. «Le informazioni sulle interazioni hanno permesso di definire una rete di relazioni fra individui e gruppi», spiega Melegaro. Per prima cosa, i ricercatori hanno pulito i dati. Il conto delle interazioni notturne, per esempio, era altissimo perché prima di andare a dormire i membri della famiglia mettevano il chip sullo stesso tavolo. «È stato un lavoro preliminare molto lungo e delicato. Siamo poi passati all’analisi delle reti di relazioni tramite software specifici che permettono di studiarle e vederle sotto diverse forme». È stato quindi sviluppato un codice realistico per quella specifica demografia, in grado cioè di tenere conto di informazioni come la distribuzione dell’età e la dimensione delle famiglie.

I ricercatori stanno ora integrando al modello i meccanismi di trasmissione specifici del virus e ne stanno testando la robustezza confrontandolo con i dati epidemiologici esistenti. «In passato, i modelli di simulazione della diffusione di malattie infettive erano basati su assunzioni teoriche circa le interazioni fra persone. Oggi i modelli basati su network realistici ci permettono di individuare con maggiore esattezza la strategia vaccinale più efficace fra quelle praticabili».

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di Claudio Todesco
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