Oreste Pollicino firma un amicus brief per la Corte Suprema degli Stati Uniti
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Oreste Pollicino firma un amicus brief per la Corte Suprema degli Stati Uniti

CON UN GRUPPO DI STUDIOSI EUROPEI ESPERTI DI PRIVACY, IL PROFESSORE DI DIRITTO COSTITUZIONALE SOSTIENE LA MAGGIORE SENSIBILITA' EUROPEA IN TEMA DI DIRITTO ALLA PRIVACY E PROTEZIONE DEI DATI IN UN CASO CHE CONTRAPPONE IL GOVERNO AMERICANO ALLA MICROSOFT

Oreste Pollicino, professore ordinario di diritto costituzionale alla Bocconi, è uno dei 21 firmatari di un amicus brief per la Corte Suprema degli Stati Uniti, un parere espresso da un gruppo di studiosi europei di diritto alla privacy su un caso che contrappone il governo statunitense alla Microsoft.
 
Gli amicus brief sono pareri volontari che possono essere forniti alle corti d’appello americane (con il permesso della corte e il consenso del soggetto a favore del quale l’amicus brief si esprime) da parte di soggetti non coinvolti nel caso, solitamente a difesa di un pubblico interesse.
 
Nel 2013 Microsoft ha ricevuto da parte del governo statunitense un search and seizure warrant (molto simile ad un mandato di perquisizione e sequestro) con riferimento ai dati personali di un soggetto che utilizzava il servizio e-mail fornito da Microsoft. I dati del soggetto in questione, cui il governo degli Stati Uniti chiedeva accesso, erano conservati nel data center irlandese di Microsoft. La multinazionale si è rifiutata di fornire all’amministrazione statunitense tali dati, sostenendo che la normativa rilevante, lo US Stored Communications Data (SCA), consentirebbe la raccolta dei dati da parte dell’amministrazione esclusivamente sul territorio americano e non all’estero. Quindi, il problema giuridico rilevante è l’applicazione extra-territoriale del SCA.
 
In primo grado, nel 2014, un giudice della New York District Court ha dato torto a Microsoft, affermando che il SCA non debba essere soggetto a limitazioni territoriali. Microsoft ha impugnato tale decisione di fronte alla United States Court of Appeals for the Second Circuit che, nel 2016, ha accolto la tesi della multinazionale e ha invalidato il mandato perché non applicabile al di fuori dal territorio statunitense. Il Dipartimento di Giustizia statunitense ha fatto, infine, ricorso alla Corte Suprema e l’udienza ha avuto luogo il 27 febbraio scorso. La decisione è attesa prima dell’estate.
 
“Lo scopo dell’amicus brief degli studiosi europei specialisti in tema di protezione dati, che si esprime a favore di Microsoft”, spiega Pollicino, “è far emergere come la Corte Suprema debba tenere in considerazione la diversa e maggiore sensibilità europea in riferimento alla tutela della privacy. I diritti alla protezione dei dati e alla privacy, in Europa, hanno infatti valore costituzionale, essendo definiti negli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.
 
Nell’udienza del 27 febbraio gli avvocati di parte e i giudici della Corte Suprema, e in particolare la giudice Sonia Sotomayor, la più sensibile tra i componenti attuali della Corte alle questioni relative alla protezione della privacy, hanno fatto esplicito riferimento ad alcune delle argomentazioni dell’amicus brief sottoscritto dagli studiosi europei.

di Fabio Todesco
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