Gli investitori passivi possono essere azionisti attivi, ma il legislatore dovrebbe aiutarli
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Gli investitori passivi possono essere azionisti attivi, ma il legislatore dovrebbe aiutarli

SE I GESTORI DEI FONDI CHE REPLICANO GLI INDICI E DEGLI ETF SEMBRANO POCO COINVOLTI NELLA STEWARDSHIP, IL PROBLEMA NON E' L'ORIENTAMENTO AL BREVE TERMINE MA IL COSTO DELLE ATTIVITA' DI ENGAGEMENT, AFFERMA GIOVANNI STRAMPELLI IN UN NUOVO STUDIO CHE PROPONE ANCHE UN POSSIBILE QUADRO NORMATIVO

Mentre i clienti fuggono dai costi elevati dei fondi d'investimento tradizionali e attivi, i fondi passivi che riproducono un indice (index fund) sono diventati una realtà con cui fare i conti. Nel gennaio 2018 le attività degli index fund hanno superato la soglia dei 5mila miliardi di dollari, e questi detenevano una quota di mercato del 43% dei fondi azionari negli Stati Uniti e del 16% del totale delle attività gestite in Europa. E questo potrebbe avere implicazioni negative sulla corporate governance: gli investitori passivi sono considerati da molti anche azionisti passivi, mentre i legislatori e le autorità di regolamentazione di tutto il mondo vogliono promuovere un coinvolgimento più attivo degli investitori istituzionali.
 
Un nuovo studio di Giovanni Strampelli, professore di diritto commerciale all'Università Bocconi, critica l'approccio dei regolatori (e soprattutto dei regolatori europei) che mira a stimolare il coinvolgimento degli investitori istituzionali modificando il loro orizzonte di breve periodo a favore di un focus di medio e lungo termine, sostenendo che i fondi passivi hanno già un'ottica di lungo periodo e che il loro problema (ammesso che un problema vi sia) è il costo dell’attivazione. Le autorità dovrebbero quindi sforzarsi di ridurre questo costo attraverso la promozione di forme di coinvolgimento collettivo, seguendo il modello dell'Investor Forum britannico.
 
Da un lato, scrive Strampelli, «non potendo vendere le azioni incluse nell'indice, si ritiene che i gestori degli index fund abbiano incentivi ad attivarsi presso le società partecipate ancora più limitati rispetto ad altri investitori istituzionali». Inoltre, poiché la concorrenza è incentrata sui costi, «c'è un grave problema di free riding, in quanto i costi sostenuti da un investitore istituzionale per attivarsi presso la società partecipata vanno a beneficio anche degli altri investitori istituzionali che detengono azioni della stessa società». D'altro lato, per la stessa impossibilità di poter vendere le azioni delle società comprese nell’indice di riferimento, secondo una diversa opinione, i fondi indicizzati hanno un forte interesse allo sviluppo di lungo termine delle società partecipate e sono inoltre soggetti a pressioni normative e reputazionali che li spingono ad apparire investitori attivi coinvolti nella governance delle società oggetto di investimento. Di fatto, gli index fund stanno rafforzando i propri team di stewardship, anche se ancora di dimensioni inadeguate, e votano regolarmente nelle assemblee degli azionisti, anche se si esprimono per lo più a favore della proposta del management, adottando un approccio al voto standardizzato e a basso costo.
 
Lo studio rivela anche alcune evidenze che i fondi passivi privilegino incontri privati con i manager, rispetto al voto, quando si tratta di risolvere i problemi aziendali percepiti.
 
«Gli index fund», riassume Strampelli, «hanno dimostrato di avere un impatto positivo sulla corporate governance quando servono interventi a basso costo, come il voto, e di agire normalmente da azionisti passivi quando sarebbero necessarie attività più costose, come il monitoraggio delle fusioni e delle acquisizioni».
 
La soluzione, suggerisce Strampelli, è quindi la riduzione dei costi dell’engagement. Tra le misure proposte, la più promettente sembra essere la promozione dell’engagement collettivo: gli investitori istituzionali agiranno insieme, condividendo i costi di attivazione e superando il problema del free-riding. Un simile modello, già funzionante, è rappresentato dall'Investor Forum, istituito nel 2014 nel Regno Unito per promuovere l’azione collettiva degli investitori istituzionali.
 
Nell'UE, tuttavia, esiste un ostacolo legislativo da eliminare: gli investitori istituzionali potrebbero essere considerati come soggetti che agiscono di concerto, innescando così la soglia di offerta d’acquisto obbligatoria. Il legislatore, afferma Strampelli, dovrebbe quindi fornire un porto sicuro, sotto forma di linee guida che descrivano nel dettaglio ciò che gli attori dell'azione collettiva possano e non possano fare.
 
Giovanni StrampelliAre Passive Index Funds Active Owners? Corporate Governance Consequences of Passive Investing, 55 San Diego Law Rev. 803 (December 2018), https://digital.sandiego.edu/sdlr/vol55/iss4/3.

di Fabio Todesco
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