Con la trasparenza mettiamo le banche in condizione di non dover essere salvate
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Con la trasparenza mettiamo le banche in condizione di non dover essere salvate

LE PROSSIME SFIDE DEL MECCANISMO DI VIGILANZA UNICO SECONDO BRUNELLA BRUNO, ELENA CARLETTI E ANDREA RESTI

In vista del cambiamento alla guida del Meccanismo di vigilanza unico della Banca centrale europea, dove l’italiano Andrea Enria ha sostituito la francese Danièle Nouy, la Commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento europeo ha chiesto a gruppi di esperti accademici di esaminare, in quattro diversi report, successi e deficienze dell’ultimo mandato del Meccanismo di vigilanza unico e di individuare le sfide che esso si troverà ad affrontare nei prossimi quattro anni.
Gli autori di due di questi quattro report sono docenti Bocconi: Elena Carletti con Brunella Bruno da una parte, Andrea Resti dall’altra. Quest’ultimo individua tre priorità che riguardano il sistema bancario e altrettante sfide per la supervisione. La bassa redditività del sistema è una delle vulnerabilità. Resti suggerisce di alleggerire il fardello dei costi legati al rispetto delle norme, alla compresenza di più autorità di vigilanza, alle richieste estemporanee delle autorità. “Le banche che si proteggono con pesanti corazze sono più sicure, ma si muovono come tartarughe”. Desta preoccupazione anche il sistema bancario ombra, ovvero i soggetti che formalmente non sono banche, ma che di fatto svolgono funzioni simili. Valgono il 40% degli asset finanziari europei, una loro implosione avrebbe ripercussioni drammatiche sul sistema bancario tradizionale in cui investono e da cui sono finanziati. “Il problema dei problemi è però rappresentato dalle carenze della governance. A capo delle banche vi sono spesso uomini dal passato non immacolato il cui potere non è adeguatamente controbilanciato da consigli di amministrazione indipendenti e attrezzati”. Resti suggerisce di semplificare regole e sanzioni e mettere il presidente del Meccanismo di vigilanza nella condizione di controllare budget e promozioni.

Oggi deve fare massiccio affidamento anche su risorse messe a disposizione dalle autorità nazionali con danni potenziali all’efficacia della supervisione. Per superare questo ostacolo sono stati usati consulenti esterni, aprendo a potenziali conflitti d’interesse. “L’ultimo aspetto riguarda l’accountability. C’è la sensazione da parte dei vigilati che le decisioni della Bce non vengano spiegate in modo chiaro e che non discendano sempre da un’applicazione omogenea dei criteri. Obiettivi, metodi e decisioni devono essere resi trasparenti”.
Quest’ultimo è un aspetto che mettono in evidenza anche Elena Carletti e Brunella Bruno. Se nella prima parte della sua relazione Resti guarda al bicchiere mezzo vuoto, Carletti e Bruno vedono il bicchiere mezzo pieno. Negli ultimi quattro anni il Meccanismo di vigilanza unico ha incrementato la capitalizzazione delle banche; ha uniformato i criteri per il calcolo dei coefficienti patrimoniali ponderati per il rischio; ha ridotto in tempi relativamente brevi i prestiti in sofferenza; ha reso gli stress test uno strumento di vigilanza importante; ha favorito l’integrazione finanziaria. “Quest’ultimo è l’ambito in cui si è fatto di meno”, spiegano Carletti e Bruno. “Raccomandiamo di allentare il legame fra banche ed emittenti sovrani per evitare il possibile circolo vizioso per il quale una diminuzione del valore dei titoli di Stato si trasforma in una minaccia per il valore di mercato delle banche che li detengono in quantità elevate. Per rompere questo circolo, si dovrebbe costituire un meccanismo europeo di garanzia sui depositi e introdurre nuovi titoli finanziari a rischio limitato basati su titoli governativi nazionali – i cosiddetti safe assets. Inoltre, sarebbe importante rimuovere gli ostacoli posti dalle autorità nazionali a processi di consolidamento tra banche di paesi diversi”. Le altre sfide che Carletti e Bruno individuano per il capo della vigilanza della Bce riguardano misure per aumentare accountability e trasparenza dei processi decisionali del supervisore e per contenere i costi della vigilanza. “Una vigilanza troppo esigente può indurre le banche a cercare di aggirare il sistema delle regole o a diventare eccessivamente avverse al rischio”.

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di Claudio Todesco
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