Il mercato del lavoro e i costi dell'unificazione
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Il mercato del lavoro e i costi dell'unificazione

IL TRASFERIMENTO DI MILIONI DI TEDESCHI DALL'EST ALL'OVEST E IL RIENTRO IN PATRIA DI CHI ERA EMIGRATO ALL'ESTERO HA AVUTO NOTEVOLI IMPATTI SUL MERCATO DEL LAVORO, SPIEGA GIANMARCO OTTAVIANO

Negli undici anni successivi alla riunificazione del paese, oltre due milioni di tedeschi si sono trasferiti dalla Germania orientale a quella occidentale. A questa ondata d’immigrazione se ne è sommata un’altra altrettanto forte: tra il 1988 e il 2001, 2,8 milioni di tedeschi che vivevano all’estero sono tornati nella madrepatria. «È interessante chiedersi quali siano stati gli effetti di questa ondata di immigrazione sul mercato del lavoro», spiega Gianmarco Ottaviano. «La decisione politica di aprire il confine non aveva una base economica e permette perciò di separare in modo netto causa ed effetto. L’arrivo di questa ondata di lavoratori, che è parte del progetto di riunificazione del paese, ci permette inoltre di verificare che cosa accade quando si affacciano sul mercato del lavoro immigrati in un contesto in cui non c’è conflitto culturale». Secondo l’analisi condotta su un dataset relativo alla forza lavoro tedesca negli anni che vanno dal 1987 al 2001, l’arrivo di nuovi immigrati ha sortito un effetto positivo sui salari e quasi nullo sull’occupazione dei lavoratori tedeschi. Ha invece avuto un effetto negativo sull’occupazione degli immigrati già presenti in Germania, principalmente greci, turchi e italiani, e in particolare su quelli con bassi livelli di istruzione.
Per ogni 10 nuovi immigrati arrivati nel paese dopo la caduta del Muro, due vecchi immigrati hanno perso il lavoro. Non si registra, invece, alcun effetto negativo sui tedeschi con livelli di istruzione altrettanto bassi.

L’ipotesi è che, pur essendo a tutti gli effetti tedeschi, i nuovi immigrati si siano trovati a competere con i vecchi immigrati per gli stessi posti di lavoro, forse a causa della bassa familiarità con usi e costumi che li ha resi inadatti a mansioni che richiedono un alto grado di interazione. «Essendo il mercato tedesco molto regolamentato», aggiunge Ottaviano, «gli effetti dell’immigrazione non si registrano sui salari, ma sul tasso di occupazione, con una ricaduta in termini di spesa per sussidi e sostegni al reddito. Se il mercato del lavoro tedesco fosse stato più flessibile, l’aggiustamento dei salari sarebbe costato al contribuente meno di quanto speso in welfare».

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di Claudio Todesco
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