Il fattore immigrati per la salute pubblica, che parlino i dati
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Il fattore immigrati per la salute pubblica, che parlino i dati

UNO STUDIO DI CARLO DEVILLANOVA SOTTOLINEA L'IMPORTANZA DI MONITORARE LE CONDIZIONI DI SALUTE DEGLI IMMIGRATI PER EVITARE IL RISCHIO DI ESCLUDERLI DAL SISTEMA SANITARIO DURANTE LA PANDEMIA

Nonostante tutte le preoccupazioni che, apparentemente, la questione degli immigrati suscita anche a proposito della diffusione del COVID-19, i dati quantitativi e le ricerche sul tema sono molto rare. A questo cerca di porre rimedio il lavoro di Carlo Devillanova, docente di Economia politica, da sempre impegnato nello studio dell’integrazione degli immigrati nel contesto socio-economico italiano. “La pandemia per noi è stata l’occasione per valutare nuovi aspetti”, precisa il docente, “in primis le differenze nell’accesso alle cure sanitarie delle diverse nazionalità e come queste siano spiegate da variabili di tipo istituzionale, logistico, linguistico o amministrativo”. La ricerca, condivisa, tra gli altri, con la collega Alessia Melegaro, docente di Demografia e statistica sociale, ha potuto contare su una ricca base dati relativa a un’ampia area geografica italiana e nella quale sono comprese informazioni sul numero di tamponi effettuati, i positivi riscontrati e gli esiti clinici su complicanze o guarigioni.
 
“Abbiamo così la possibilità di correlare gli esiti sanitari alle diverse nazionalità ed alle condizioni socio-economiche medie delle aree di residenza. Anche se non abbiamo dati reddituali, inoltre, possiamo ragionare su alcune determinanti, per esempio la densità abitativa media o la caratteristica delle case, in modo da capire quali variabili influiscano sulla diffusione o meno del virus”.
 
In questo studio, tuttora in fase di svolgimento, non c’è modo di differenziare immigrati regolari o irregolari, al contrario di quanto fatto invece dallo stesso docente pochi mesi fa per un'altra ricerca che ha riguardato nello specifico gli irregolari. “In quel caso la banca dati di partenza era quella del Naga, associazione di volontariato che si occupa di fornire assistenza sanitaria a immigrati che, per esempio in Lombardia, non hanno accesso a cure di base”, prosegue Devillanova. “Il loro è il più grande database al mondo sull’immigrazione irregolare e consente di avere un flusso costante di informazioni sullo stato di salute di queste persone. Da questi dati abbiamo potuto notare innanzitutto che durante il lockdown è diminuito sensibilmente l’accesso alla clinica del Naga, soprattutto per l’intensificarsi dei controlli sul territorio, ma che tra questi vi era un numero importante, circa il 16,2%, che presentava sintomi respiratori compatibili con il COVID. Questo elemento rappresenta evidentemente un fattore di criticità per le politiche di sanità pubblica, ma non deve essere frainteso. Lo studio punta infatti a evidenziare l’importanza per il sistema sanitario pubblico di monitorare anche questa parte di popolazione che si trova sul proprio territorio, puntando a farla emergere e non, al contrario, spingendola a isolarsi e nascondersi”.

di Emanuele Elli
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