Helicopter money sulla Venezia del XVII secolo
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Helicopter money sulla Venezia del XVII secolo

QUANDO UNA RECESSIONE PANDEMICA COLPISCE, PUO' VERIFICARSI UN MIX DI POLITICA, ECCESSO DI DEBITO ED HELICOPTER MONEY. E IL CASO DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA, DURANTE LA PESTE DEL 1630. DONATO MASCIANDARO TRAE ALCUNE LEZIONI DALLA SERENISSIMA

Nel pensiero economico, le forze pandemiche del COVID-19 hanno spazzato via alcuni dei tabù convenzionali, come quello sull'idea radicale dell’helicopter money. Il termine usa la fantasiosa immagine di Milton Friedman. Ma che cos'è l’helicopter money? In letteratura è stato spesso definito come un qualsiasi mix di politiche in cui le misure fiscali espansive sono finanziate creando una base monetaria. Il concetto di helicopter money è diventato più preciso quando le analisi hanno cercato di identificare quando una politica monetaria espansiva può essere definita straordinaria. In questa prospettiva, si può parlare di helicopter money quando una monetizzazione fiscale produce perdite sistematiche nel bilancio della banca centrale, riducendo il suo patrimonio netto. A sua volta, la monetizzazione fiscale può dipendere dalla necessità, per il governo in carica, di mantenere il consenso. E il nesso tra politica e monetizzazione fiscale può diventare particolarmente rilevante durante una recessione pandemica.
 
Questa è esattamente la situazione che si verificò a Venezia negli anni 1629-1631, quando la Repubblica di Venezia combatté prima una carestia e poi una pandemia di peste, analizzata in un recente working paper del CEPR di Charles Goodhart (LSE), Donato Masciandaro (Intesa Sanpaolo Chair in Economics of Financial Regulation alla Bocconi) e Stefano Ugolini (Università di Tolosa).
 
Venezia mise a punto per la prima volta una legislazione per affrontare un'epidemia di peste nel 1423 e un Ufficio Sanitario fu istituito nel 1490. Nel corso degli anni Venezia sviluppò una normativa sulla peste con tre obiettivi: impedire che avesse origine a Venezia, impedire la sua importazione e controllare la sua diffusione nel caso in cui fosse scoppiata in città. Durante gli episodi di peste la Repubblica impose un blocco generale a tutti i paesi sospettati di avere focolai. Le misure di contenimento furono attuate su scala colossale con tutte le risorse dello Stato. Emerse il trade off tra salute ed economia. Un mercante di tessuti chiese la revoca della quarantena, dato che “un numero incomparabilmente maggiore di persone è morto a causa della disoccupazione che per il tifo o qualsiasi altra malattia contagiosa”. Si sosteneva che il territorio della Repubblica soffrisse più per il divieto che per la malattia stessa. Si registrarono episodi di corruzione, essendo i mercanti ansiosi di far entrare le loro merci a Venezia.
 
Come affrontare la perdita di consenso? Il governo comprava dai mercanti i beni necessari per distribuirli ai cittadini. Quando alcuni quartieri della città venivano messi in quarantena, i loro abitanti venivano approvvigionati dallo stato. Furono promosse le leggi sui poveri per ridurre il rischio di malattie; “i poveri dovrebbero essere tolti dalle loro misere abitazioni (...) e che gli accampamenti per lo scopo dovrebbero essere mantenuti fino alla fine dell'epidemia”. Inoltre, il governo veneziano agì sull'occupazione e sui salari nominali nei settori sotto il suo controllo totale o parziale. Per quanto riguarda ad esempio i salari dell'Arsenale, il governo, “nella sua ansia di impedire la decadenza di mestieri così vitali, era abituato a pagare i suoi operai qualcosa, anche se non avevano niente da fare”.
 
Ma come finanziare i trasferimenti pubblici? La soluzione fu stampare denaro, utilizzando il Banco Giro, la banca centrale veneziana completamente nelle mani del governo.  In tempi normali, la Repubblica definiva un obiettivo di emissione: il bilancio della Giro non doveva superare gli 800.000 ducati. Ma il bilancio del Banco Giro arrivò a 2.071.168 ducati nell'aprile 1630, e continuò a salire fino a un picco di 2.666.926 ducati nel giugno 1630.  L'eccessiva espansione della massa monetaria innescò una svalutazione monetaria, costringendo il governo a riformare l'impostazione della politica monetaria. Nel luglio del 1630 fu istituito un consiglio monetario (gli “Inquisitori del Banco Giro”). L'obiettivo dell'azione monetaria era la riduzione delle passività del Banco Giro, il cui effetto parallelo era stato la riduzione dei lingotti nelle mani della Repubblica. Durante queste operazioni, “100.000 ducati di piccolo taglio in rame saranno coniati e distribuiti, specialmente ai membri del commercio della seta e della lana che ne avessero bisogno, per ripagare il debito (pubblico)”.
 
La nuova strategia di politica monetaria fece scendere i saldi del Banco Giro a 1,4 milioni di ducati alla fine del 1630, ma non fu sufficiente per evitare il crollo della promessa di convertibilità del Banco Giro; nello stesso anno, i pagamenti furono sospesi. Nel complesso, la politica monetaria attuata durante la recessione pandemica per evitare rivolte e tumulti produsse un'eccessiva espansione della moneta convertibile accompagnata da perdite di capitale di emissione. L'instabilità dei prezzi e la svalutazione della moneta furono gli esiti macroeconomici finali. “Il mix tra esigenze di consenso, debito ed helicopter money si è rivelato davvero tossico”, commenta Masciandaro. "Da ieri a oggi, la grande differenza istituzionale è l'indipendenza della banca centrale come dispositivo per evitare gli eccessi politici. Sarà sufficiente, speriamo”.
 
Charles A Goodhart, Donato Masciandaro and Stefano Ugolini, “Pandemic Recession, Helicopter Money and Central Banking: Venice, 1630”. CEPR Discussion Papers 15715.

di Ezio Renda
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