Pensare criticamente in un mondo di fake news e social media
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Pensare criticamente in un mondo di fake news e social media

IN UN MONDO DI IPERCOMUNICAZIONE, IMPARARE A PENSARE CRITICAMENTE E' OGGI FONDAMENTALE PER CHIUNQUE VOGLIA FARE SCELTE PONDERATE. UN ESTRATTO DAL LIBRO CRITICAL THINKING DI CANALE, TUZET, CIUNI E FRIGERIO

Nel frenetico mondo odierno dell'ipercomunicazione, le fake news e i pregiudizi dei social media ci circondano ogni giorno. Il sovraccarico di informazioni indebolisce la capacità di giudizio e aumenta il rischio di seguire false credenze e opinioni distorte. Nel libro Critical Thinking, Damiano Canale e Giovanni Tuzet, professori ordinari di filosofia del diritto all'Università Bocconi, insieme a Roberto Ciuni (Università di Roma Tre) e Aldo Frigerio (Università Cattolica di Milano), introducono la disciplina del critical thinking, che fornisce i mezzi per distinguere i buoni dai cattivi argomenti. Il volume chiarisce inoltre perché sia importante ragionare bene. Riconoscere e fornire buoni argomenti ci aiuta ad avere una comprensione migliore delle tesi che siamo chiamati a considerare quando compiamo scelte e interagiamo con gli altri. Bocconi Knowledge pubbica un estratto col volume, per concessione degli autori e della casa editrice Egea.

Nella Grecia antica, il termine “kriticós” indicava la capacità di giudicare e discernere le cose, in modo da compiere le scelte migliori per noi e per gli altri. Questa capacità sembra oggi sotto scacco. Nel mondo dell’ipercomunicazione, monopolizzato dai social media, accade che la nostra facoltà di giudicare le opinioni altrui, di discernere il vero dal falso, di distinguere le buone dalle cattive ragioni a sostegno di una scelta, venga indebolita fino quasi a scomparire del tutto. Le cause sono ben note. L’inflazione delle informazioni che ci bombardano ogni giorno rende assai difficile distinguere ciò che è attendibile e rilevante da ciò che non lo è. Un fenomeno questo aggravato dal proliferare di fake news, vale a dire dalla diffusione deliberata di informazioni false che fanno leva su pregiudizi diffusi e sulle nostre paure, riuscendo così ad attrarre l’attenzione del pubblico. A ciò si aggiunge il fatto che qualsiasi scambio di opinioni, tanto sui social media quanto nella discussione pubblica, tende oggi a trasformarsi in una lotta senza quartiere, nella quale l’insulto, la denigrazione dell’avversario, o la ridicolizzazione dell’opinione altrui, prendono sovente il posto della discussione critica circa le ragioni a sostegno di una certa tesi. Tutto ciò riduce drasticamente non solo la qualità del dibattito pubblico e delle scelte collettive, ma anche la nostra capacità di esprimere un giudizio ben ponderato su temi spesso molto rilevanti per le nostre vite.
 
Non è un caso, dunque, che in molte fra le più importanti università del mondo i programmi formativi includano ormai un corso di Critical Thinking: esso ha appunto lo scopo di affinare le capacità dello studente di giustificare in modo adeguato una tesi, di confutare le tesi altrui, di individuare errori nel ragionamento, di valutare le ragioni a sostegno di una certa affermazione, e questo sia nel discorso quotidiano sia in quello scientifico.
 
Questo obbiettivo può essere raggiunto, tuttavia, soltanto adottando un approccio interdisciplinare. Vi è un vasto spettro di discipline dal quale si può attingere sotto questo profilo: la logica, la teoria della probabilità, la statistica, la teoria della decisione, e ancora la teoria dell’argomentazione e la teoria della discussione razionale, come pure le discipline che studiano il linguaggio, prima fra tutte la pragmatica. Un importante contributo a una piena consapevolezza dei problemi e delle abilità che entrano in gioco nel Critical Thinking è inoltre fornito dalla psicologia cognitiva, e in particolare la psicologia del ragionamento e la psicologia delle decisioni. Le capacità di produrre e valutare argomenti, infatti, dipendono non solo dalle regole che presiedono alla discussione razionale, ma anche dalla nostra capacità di guardarci dai bias cognitivi che sistematicamente ci inducono in errore nel compiere una scelta o nel dare una soluzione a un problema, e più in generale dalla nostra capacità di evitare le fallacie, ovvero schemi di ragionamento che non funzionano, ma che noi tendiamo a seguire per qualche motivo. Questi errori sono dovuti a come noi reali agenti cognitivi siamo fatti – alle nostre difficoltà nell’utilizzare alcuni schemi di ragionamento; oppure al fatto che la fatica cognitiva che faremmo nel seguire procedure corrette di ragionamento ci induce ad adottare delle “scorciatoie” che possono portarci a conclusioni sbagliate.
 
Un punto importante del Critical Thinking è che, nell’insegnarci a valutare un argomento, esso non assume come criterio il modo in cui di fatto noi tendiamo a ragionare. Assume invece una serie di standard normativi in base ai quali dobbiamo ragionare, se vogliamo essere razionali, com’è auspicabile. Il Critical Thinking, insomma considera il ragionamento da un punto di vista normativo, non da un punto di vista descrittivo. È interessante notare che, come mostra la letteratura sui bias, siamo noi stessi a riconoscere le prescrizioni normative sul ragionamento come razionali, una volta che ci viene spiegato dove sia il nostro errore. In ogni caso, un approccio normativo al ragionamento può davvero essere illuminante soltanto se c’è una consapevolezza di come noi di fatto ragioniamo. Grazie alla psicologia cognitiva oggi abbiamo questa consapevolezza (perlomeno, in grado molto maggiore rispetto al passato).
 
Guadagnare consapevolezza dei diversi aspetti che condizionano l’affidabilità dei giudizi in cui si articola ogni campo del sapere può consentire agli studenti di compiere con maggiore sicurezza i primi passi nel loro percorso di studi, come pure di acquisire lo spirito critico e anti-dogmatico che contraddistingue una buona formazione universitaria. Non solo. Imparare a pensare criticamente è oggi fondamentale per chiunque desideri compiere scelte ponderate nel campo della vita pubblica, sottraendosi alla tentazione di credere che l’opinione di chi grida più forte, o riceve più like, sia necessariamente l’opinione migliore. In questo senso, il percorso proposto in questo libro è rivolto non solo agli studenti universitari, ma a chiunque nutra il desiderio di imparare a ragionare meglio e a scoprire i punti deboli del ragionamento altrui.

di Damiano Canale, Giovanni Tuzet, Roberto Ciuni e Aldo Frigerio
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