Perche' le banche non diversificano a sufficienza le loro attivita' estere
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Perche' le banche non diversificano a sufficienza le loro attivita' estere

FILIPPO DE MARCO E COLLEGHI OSSERVANO CHE LE BANCHE CONCENTRANO I LORO INVESTIMENTI ESTERI SU ATTIVITA' DI POCHI PAESI PERCHE' HANNO CONCENTRATO LE LORO LIMITATE RISORSE ANALITICHE SU QUELLE STESSE ATTIVITA'

Un nuovo lavoro collega la diversificazione del portafoglio e la produzione di informazioni, spiegando perché le banche concentrano le loro attività estere.
 
Per ridurre l'incertezza sui rendimenti attesi futuri, le banche concentrano le loro risorse analitiche sugli asset di alcuni Paesi e investono in modo preponderante in quegli stessi asset, spiegano Filippo De Marco (Assistant Professor di Finanza alla Bocconi), Marco Macchiavelli (Federal Reserve Board) e Rosen Valchev (Boston College) nel loro “Beyond Home Bias: International Portfolio Holdings and Information Heterogeneity,” pubblicato online sulla Review of Financial Studies.
 
Infografica di Weiwei Chen

L'articolo cerca di risolvere la questione della diversificazione subottimale dei portafogli delle banche europee, ma, anziché occuparsi del ben noto “home bias” (le banche preferiscono investire in attività del loro paese d'origine), gli autori esaminano il “foreign bias,” osservando che le banche tendono a specializzare la loro produzione di informazioni sulle attività di alcuni paesi e a investire in tali attività relativamente più di quanto suggerirebbe la teoria dell'allocazione ottimale.
 
Per misurare le differenze nella specializzazione della produzione di informazioni da parte delle banche, gli autori utilizzano i dati dell'indagine Consensus Economics che ha raccolto le previsioni dei dipartimenti di ricerca delle stesse banche sui rendimenti a tre mesi dei titoli sovrani esteri decennali. A fronte dei rendimenti realizzati, le previsioni presentano una notevole dispersione a livello di singola banca. Ciò significa che ogni banca tende a fare previsioni relativamente precise per alcuni, e non per tutti, i rendimenti dei paesi. Inoltre, questa precisione è costante nel tempo, il che suggerisce che sia il risultato di scelte diverse, tra le banche, nell'allocazione delle risorse analitiche per la raccolta di informazioni sui rendimenti di specifici Paesi.
 
Il risultato più importante della parte empirica del paper è che le banche tendono a detenere più attività dei Paesi per i quali le loro previsioni (ex-post) sono più precise. Ciò significa che le banche tendono a preferire gli investimenti in attività (il paper utilizza le obbligazioni sovrane come proxy, ma i risultati possono essere generalizzati ad altre attività) che conoscono meglio. Questo perché gli investitori avversi al rischio preferiscono detenere attività per le quali i rendimenti attesi sono meno incerti.
 
La seconda parte dell'articolo costruisce un modello teorico che spiega i risultati dell'analisi empirica. L'innovazione principale del modello si trova nella descrizione dell'incertezza. Gli autori suddividono l'incertezza (in questo caso sui rendimenti) in due componenti. La prima componente può essere “appresa” attraverso la ricerca. La seconda componente, invece, è “non apprendibile”. Quando gli investitori fanno ricerca su un asset (impiegando risorse per la sua analisi, ad esempio), diminuiscono l'incertezza sul suo payoff. Ma il modello prevede una soglia (che è specifica dell'asset) oltre la quale gli investitori non trovano ottimale investire nella ricerca, poiché la maggior parte dell'incertezza che rimane è di tipo “non apprendibile.” Questo spiega il comportamento osservato nei dati: le banche effettuano ricerche su un Paese fino a quando non è ottimale approfondirle e poi passano a un altro, a cascata, fino all'esaurimento delle risorse disponibili per l'analisi.
 
“Il nostro studio può essere utile sia alla ricerca che alla politica, indagando le dinamiche che guidano la diversificazione dei portafogli delle banche,” afferma De Marco, “anche quando si affronta il problema del retrenchment (fuga degli investitori verso gli asset domestici) che si osserva durante le crisi finanziarie.” Il modello può essere generalizzato anche ad altri tipi di attività, “come ad esempio i tassi di cambio delle valute, storicamente difficili da prevedere con precisione.”
 
Filippo De Marco, Marco Macchiavelli, Rosen Valchev,Beyond Home Bias: International Portfolio Holdings and Information Heterogeneity,” published online in Review of Financial Studies. DOI: https://doi.org/10.1093/rfs/hhab135.

di Pietro Vacca
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