FINANZA |

Gli Eurobond primo passo verso un'Unione fiscale

UN PAPER DI CARLO FAVERO E ALESSANDRO MISSALE SOSTIENE GLI ARGOMENTI A FAVORE DEGLI EUROBOND MA AFFERMA CHE È DIFFICILE PENSARE A SOLUZIONI ALLA CRISI EUROPEA DEL DEBITO CHE PRESCINDANO DA ULTERIORI PASSI VERSO L'INTEGRAZIONE POLITICA

La prevalenza, in tempo di crisi, del market sentiment rispetto ai fondamentali fornisce la più forte giustificazione economica all’introduzione di un Eurobond, ovvero un bond “emesso da un gruppo di paesi dell’area euro e garantito solidalmente: ogni emittente partecipante sarebbe responsabile per la totalità delle obbligazioni”, secondo la definizione di Carlo Favero (Cattedra Deutsche Bank in Finanza Quantitativa e Asset Pricing, Dipartimento di Finanza e IGIER) e Alessandro Missale (Università di Milano) in Sovereign Spreads in the Euro Area. Which Prospects for a Eurobond?, un paper presentato di recente all’Economic Policy Fifty-fourth Panel Meeting, ospitato dalla Banca Nazionale di Polonia. L’Eurobond consentirebbe ai paesi più indebitati e meno disciplinati di accedere al mercato del debito a tassi più bassi, ma beneficerebbe anche i paesi più disciplinati perché potrebbe evitare la propagazione delle crisi a un costo inferiore rispetto a quello dell’intervento dell’European Financial Stability Facility (EFSF).

Gli autori, però, ammettono che “è difficile pensare a soluzioni alla crisi europea del debito che prescindano da ulteriori passi verso l’integrazione politica” e suggeriscono “una qualche forma di unione fiscale per risolvere i problemi macroeconomici con una politica comune”. “Non vi è dubbio”, scrivono, “che l’introduzione di un Eurobond potrebbe segnalare la volontà politica di una maggiore unità delle politiche di bilancio, preparando la strada a più comprensive riforme della governance fiscale dell’Unione”.

Favero e Missale respingono l’argomento secondo cui gli Eurobond risolverebbero un problema di liquidità che affliggerebbe il mercato dei bond denominati in euro. Comparando gli spread e i Credit Default Swap (CDS), osservano che gli spread sono quasi totalmente dovuti al rischio di default, mentre il rischio liquidità è irrilevante, e così si concentrano sui componenti del rischio di default.

Dal momento che chi propone gli Eurobond afferma che essi consentirebbero un migliore accesso al mercato ai paesi più deboli isolandoli dal contagio finanziario e che ridurrebbero il rischio di propagazione delle crisi, mentre gli oppositori sostengono che gli Eurobond minerebbero la disciplina di mercato, lasciando adagiare i paesi più deboli nella continua disponibilità di debito, è importante capire se gli spread riflettono i fondamentali di bilancio (in questo caso i mercati non dovrebbero essere disturbati) o timori irrazionali (nel qual caso i mercati non attribuirebbero un prezzo corretto al rischio e tutto ciò che contrasta il contagio sarebbe benvenuto).

Gli autori, attraverso un modello Global VAR, osservano che c’è una relazione tra i fondamentali di bilancio (operazionalizzato come i rapporti attesi tra deficit e PIL e debito e PIL) e gli spread, ma essa non è né lineare, né costante nel tempo. Non è lineare perché lo spread di un paese è più sensibile agli aumenti dello spread dei paesi fiscalmente più vicini (ovvero con simili fondamentali di bilancio) e meno sensibile ai più lontani; non è costante perché si osserva una sovrareazione in tempi di crisi, che segnala un cattivo funzionamento del mercato. Nell’agosto 2011, nel pieno della crisi greca, calcolano che l’effetto contagio fosse di 200 punti base per l’Italia e addirittura di più per la Spagna. “I dati che presentiamo”, scrivono, “suggeriscono che affidarsi solo all’effetto disciplina dei mercati finanziari per fermare una crisi può non bastare se gli spread sono influenzati in modo significativo dal market sentiment”.

Ciò nonostante, l’opposizione politica agli Eurobond è vigorosa, sulla base di una sbilanciata suddivisione dei benefici (a favore dei meno disciplinati) e dei costi (a carico dei disciplinati) del programma. La previsione della garanzia solidale è l’unica via per fare in modo che gli Eurobond spuntino gli stessi tassi dei Bund tedeschi (in qualsiasi altro caso il tasso sarebbe una media dei tassi dei paesi partecipanti) e che i costi di raccolta della Germania non aumentino; e anche così, ad ogni modo, gli Eurobond rappresenterebbero un costo per i paesi più disciplinati, che vedrebbero aumentare le loro passività. L’evidenza empirica fornita dal paper parla a favore di “Eurobond condizionali” con una garanzia solidale fornita da una nuova European Monetary and Fiscal Authority, e con spread stabiliti per via amministrativa che determinerebbero l’ammontare dei pagamenti che i paesi con rating inferiore ad Aaa dovrebbero eseguire a favore dei paesi Aaa per ottenere accesso al programma.

L’esistenza di spread stabiliti per via amministrativa e trasparentemente legati ai fondamentali economici manterrebbe intatti per tutti i paesi gli incentivi ad essere fiscalmente virtuosi e fornirebbe una compensazione ai contribuenti olandesi, finlandesi e tedeschi per il fatto di assicurare il rischio di paesi meno fiscalmente virtuosi.



di Fabio Todesco Bocconi Knowledge newsletter

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