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Marco Ottaviani, l'economista scelto da due Nobel

, di Claudio Todesco
L'ammissione al dottorato del Mit gliela annuncio' Oliver Hart, Nobel quest'anno per l'economia insieme a Holmstrom, che fu suo advisor. Dal primo novembre sara' prorettore alla ricerca

C'è una telefonata che Marco Ottaviani non scorderà mai. Era il 1992 e lui, neolaureato cum laude in Economia Politica alla Bocconi, aveva fatto domanda per il dottorato al Massachusetts Institute of Technology. Fu ammesso e notizia gli giunse al telefono dalla viva voce dell'economista Oliver Hart. "Il mio mito. Ero convinto si trattasse di uno scherzo. Il mio advisor divenne poi Bengt Holmström, che quest'anno ha vinto il Nobel per l'Economia con Hart". Figlio di una insegnante di matematica e di un medico, il neo Prorettore alla Ricerca (dal 1° novembre) non ha mai avuto dubbi circa il suo futuro: "Fin da ragazzo sono stato attratto dall'economia, dal mondo degli affari, dal mercato azionario. Volevo capirne il funzionamento". È stata la lettura del libro di David Kreps A Course in Microeconomic Theory a cementare la sua passione per la teoria degli incentivi e all'economia dell'informazione. "Ammiravo la sua capacità di spiegare fenomeni complessi in modo semplice e piacevole. Lessi quel libro un anno prima di laurearmi. Mi fu subito chiaro che cosa avrei voluto fare".

Dopo le esperienze in Inghilterra (University College London, London Business School) e Stati Uniti (Kellogg School of Management), Ottaviani è tornato in Bocconi dove si divide fra le attività di insegnamento e di ricerca. "L'indagine necessaria per trovare la chiave per risolvere un problema pratico è coinvolgente e intensa. Ti consuma: fino a quando non hai trovato la soluzione non riesci quasi a dormire". Ottaviani incita gli studenti a spiegare le proprie ricerche a chi non mastica la materia e ama citare una battuta di Kreps secondo il quale ci vogliono dieci anni di lavaggio del cervello per formare un ricercatore e altri dieci di reverse brainwashing per permettergli di comunicare con le persone normali: "Confrontarsi con un po' di senso comune è salutare. Non bisogna mettere barriere nella comunicazione". Afferma che l'economia è la filosofia dell'era moderna e confessa di avere una passione quasi ossessiva per la ricerca della letteratura esistente. È così, ad esempio, che ha scoperto un contributo prima ignoto di Émile Borel del 1938, un saggio pionieristico di teoria dei giochi. "Per un ricercatore" dice "scrivere è un po' come buttare in mare una bottiglia contenente un messaggio, nella speranza che qualcuno prima o poi lo legga".