Il climate change colpisce anche le banche e il debito pubblico
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Il climate change colpisce anche le banche e il debito pubblico

UNO STUDIO DI VALENTINA BOSETTI E COAUTORI PUBBLICATO SU NATURE CLIMATE CHANGE EVIDENZIA CHE IL 20% DEL DANNO ECONOMICO DEL CLIMATE CHANGE E' ATTRIBUIBILE ALLA DISRUPTION DEL SISTEMA FINANZIARIO. I FALLIMENTI DELLE BANCHE DIVENTERANNO IN FUTURO SEMPRE PIU' FREQUENTI, MENTRE LA FINANZA PUBBLICA DOVRA' SOSTENERE COSTI SEMPRE PIU' ELEVATI PER SALVARE LE BANCHE INSOLVENTI

Uno studio firmato da Valentina Bosetti (Dipartimento di Economia e senior scientist a RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment) e tre coautori di CMCC - Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, Scuola Sant’Anna e Politecnico di Milano e pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Climate Change evidenzia che il cambiamento climatico potrebbe avere effetti considerevoli anche su un settore apparentemente meno esposto come quello della finanza. Per effetto dei cambiamenti climatici, l’instabilità del sistema bancario potrebbe aumentare considerevolmente e questa instabilità, a sua volta, amplificherebbe gli impatti che i cambiamenti climatici hanno sulla crescita economica. Lo studio per la prima volta prova a quantificare tale effetto: i fallimenti delle banche in futuro sarebbero, a causa dei cambiamenti climatici, più frequenti (da +26% fino a +248%); salvare le banche insolventi comporterebbe un costo per i governi pari a circa il 5% - 15% del PIL l’anno, portando a un’esplosione del debito pubblico, che potrebbe arrivare a raddoppiare nel 2100.
 
“Quello che ci siamo chiesti”, dice Bosetti, “è quanto degli effetti negativi sulla crescita economica siano direttamente attribuibili agli impatti diretti dei cambiamenti climatici e quanto invece derivino dal canale che abbiamo studiato, quello del sistema finanziario. E abbiamo osservato che il 20% della riduzione della crescita dovuta al cambiamento climatico è attribuibile a questo canale finanziario”. 
 
Francesco Lamperti, assistant professor alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e junior scientist a RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment, primo autore dello studio, spiega: “l’idea alla base della nostra ricerca era cercare di capire quanto gli impatti dei cambiamenti climatici influenzino il settore bancario. Gli impatti in realtà sono impatti a livello d’impresa, perché vanno a ridurre la produttività o mettono a rischio gli stock di capitale. Questi però hanno il potere di influenzare, per effetto del fallimento delle aziende, il sistema finanziario. In particolare, volevamo comprendere quanto il sistema delle banche potesse essere messo in crisi dalle perdite dovute all’insolvenza delle imprese, e di quanto aumentassero i costi per i governi per le necessarie operazioni di salvataggio delle banche. Da un lato quindi, volevamo saggiare quanto fosse forte e stabile questo sistema, dall’altra volevamo indagare quanto il canale finanziario (detto di financial distress), dato dal deteriorarsi delle condizioni di bilancio delle banche, avesse un impatto sulla crescita economica. Sappiamo infatti che quando le banche sono sotto stress danno meno credito alle imprese, che quindi hanno a disposizione meno fondi per investire, con una riduzione ulteriore della crescita.”
 
“Il risultato principale”, spiega Massimo Tavoni, Direttore di RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e professore al Politecnico di Milano, “è che il cambiamento climatico avrà un impatto sostanziale sul mondo della finanza: dai nostri risultati appare chiaro che mentre la probabilità di sopravvivenza delle imprese si riduce di circa tre volte, il rischio di fallimento delle banche arriva a raddoppiare. Questo a sua volta implica dei costi ulteriori per la finanza pubblica, dove ci aspettiamo un aumento del 5%-15% di PIL che deve essere speso ogni anno per ripianare le perdite delle banche e assicurare il loro salvataggio”.
 
Un altro risultato interessante dello studio riguarda le possibili misure correttive che i regolatori finanziari possono implementare per ridurre questi rischi, in particolare attraverso le politiche macro-prudenziali, che sono progettate per mitigare il rischio di solvibilità del sistema finanziario. “Lo studio ha evidenziato,” continua Andrea Roventini, professore presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, “come, in presenza di impatti da cambiamento climatico, il regolamentatore finanziario può richiedere alle banche di fissare un limite ai prestiti erogati alle imprese che tenga conto anche dell’andamento del clima, così da minimizzare i rischi a cui il sistema finanziario si espone.”
 
Escludere il sistema finanziario da una valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici potrebbe portare quindi a una loro sottostima, mentre la regolamentazione finanziaria potrebbe avere un ruolo fra le possibili strategie di mitigazione e adattamento. Anche agendo sui parametri di politica macro-prudenziale, però, i danni restano comunque ingenti, per cui gli autori suggeriscono di associare sempre a questo strumento strategie di mitigazione e adattamento forti e incisive. 
 
Francesco Lamperti, Valentina Bosetti, Andrea Roventini, Massimo Tavoni, The public costs of climate-induced financial instability, in Nature Climate Change, DOI:10.1038/s41558-019-0607-5.

di Ezio Renda
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