FINANZA |

Il mercato del credito non si prosciuga: diventa piu' caro

UN PAPER DI PAOLO COLLA E DUE COLLEGHI RIVISITA LA CRISI FINANZIARIA DEL 2007-2009 E MOSTRA COME LE IMPRESE CON ACCESSO AL MERCATO OBBLIGAZIONARIO SIANO RIUSCITE A CONTROBILANCIARE LA RIDUZIONE DEI PRESTITI BANCARI, ANCHE SE SOPPORTANDO COSTI MAGGIORI. E DELINEA UN NUOVO MODELLO DEL CREDITO

A seguito di un’approfondita analisi del comportamento delle banche e delle imprese nel corso della crisi finanziaria del 2007-2009, Paolo Colla (Dipartimento di Finanza) formula un modello del mercato del credito che tiene conto di caratteristiche empiriche finora trascurate dalla letteratura. Lo fa in Which Financial Frictions? Parsing the Evidence from the Financial Crisis of 2007-2009 (paper per la NBER Macro Annual Conference, 20-21 aprile 2012, con Tobias Adrian, Federal Reserve Bank of New York, e Hyun Song Shin, Princeton University).

L’osservazione cardine è che, sebbene la maggior parte dei modelli postuli che le imprese soffrano una contrazione nella quantità di credito nella fase negativa del ciclo, l’evidenza suggerisce che il finanziamento tramite obbligazioni aumenta, fino a colmare parte della riduzione. Anche se la diminuzione nella concessione di nuovi prestiti bancari è secca (-75% dal picco al momento più difficile della recente crisi), essa viene in parte bilanciata da un notevole aumento dell’emissione di obbligazioni (+100%). In entrambi i casi, i tassi d’interesse s’impennano, aumentando di quattro volte per i nuovi prestiti bancari e di tre volte per le obbligazioni.

Le imprese che hanno accesso sia al mercato bancario, sia a quello obbligazionario sostituiscono i prestiti bancari con le obbligazioni, lasciando inalterato l’ammontare totale dei nuovi finanziamenti, anche se a un costo maggiore Invece le imprese più piccole e che dipendono dalle banche subiscono appieno l’impatto della crisi e soffrono una forte diminuzione nell’ammontare di nuovi finanziamenti. “La nostra analisi”, scrivono gli autori, “mostra che le imprese più grandi o con più asset tangibili, rating migliore, migliore qualità dei progetti da finanziare, minori opportunità di crescita e leva inferiore sono riuscite a fronteggiare in modo più efficace la contrazione di credito bancario nel corso della crisi”.

Colla e i suoi colleghi delineano poi un modello di credito diretto e intermediato che tiene in considerazione cinque fatti stilizzati: il diverso andamento tra finanziamento tramite prestiti bancari e tramite obbligazioni evidenzia l’importanza di considerare sia il credito diretto, sia quello intermediato; durante la recente fase discendente del ciclo, il finanziamento bancario si è contratto, ma il finanziamento tramite obbligazioni è aumentato, colmando parte del gap; anche se le due categorie di credito hanno preso direzioni diverse per quanto riguarda la quantità, i tassi pagati sono cresciuti in entrambi i casi; i cambiamenti prestito nel credito esteso dalle banche si riflettono, dollaro per dollaro, in cambiamenti nei debiti delle banche, mentre la capitalizzazione rimane piuttosto viscosa, coerentemente con l’idea che l’offerta di credito da parte delle banche sia conseguenza delle loro scelte di leva per un dato livello di capitale; di conseguenza, la leva bancaria risulta prociclica.

L’offerta di credito bancario viene modellata come l’altro lato di un modello di rischio di credito, dove le banche modificano le quantità prestate in modo da soddisfare un vincolo di rischio (massimizzano il profitto in modo da mantenere al di sotto di una certa soglia la possibilità di fallire, e tale probabilità è una funzione della probabilità di fallimento dei progetti finanziati); il credito diretto (obbligazioni) deve tenere conto dell’avversione degli investitori al rischio.

In tempi di crisi la possibilità di fallimento dei progetti finanziati aumenta e il mercato dei prestiti bancari si fa più difficile; il premio per il rischio deve perciò aumentare per convincere gli investitori avversi al rischio ad acquistare obbligazioni.

“La leva del settore bancario emerge come determinante chiave (e riflesso) delle condizioni finanziarie”, concludono gli autori. “Perciò, comprendere le fluttuazioni della leva degli intermediari finanziari nel corso del ciclo risulta forse essere la più urgente domanda nello studio delle fluttuazioni macroeconomiche”.



di Fabio Todesco
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