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Non esistono leader per tutte le stagioni. Quelli di famiglia funzionano nelle aziende piccole e saldamente controllate

MINICHILLI E CORBETTA, IN UN ARTICOLO CON MILLER IN CORSO DI PUBBLICAZIONE, PROPONGONO UN MODELLO IN CUI LE DIMENSIONI AZIENDALI E LA CONCENTRAZIONE DELLA PROPRIETÀ DETERMINANO QUANDO LA LEADERSHIP FAMILIARE SIA EFFICACE. E LO TESTANO UTILIZZANDO IL DATABASE DELL'OSSERVATORIO AUB

Gli amministratori delegati di famiglia migliorano la performance delle aziende familiari, ma solo quando esse sono relativamente piccole e la proprietà è concentrata, sostengono Alessandro Minichilli e Guido Corbetta (Dipartimento di Management e Tecnologia) in Is Family Leadership Always Beneficial? (con Danny Miller, HEC Montreal, in corso di pubblicazione su Strategic Management Journal).

Gli studi empirici sui benefici e gli svantaggi della proprietà e del management familiare hanno finora prodotto risultati contraddittori, tanto che il dibattito rimane aperto. I tre autori, pur elencando i limiti della letteratura passata, ritengono che il più serio sia la mancata considerazione di alcune differenze chiave tra i vari tipi di azienda familiare. A tal proposito, propongono un modello in cui la dimensione aziendale e la concentrazione della proprietà determinano quando la leadership familiare migliora e quando peggiora la performance aziendale.

I tre accademici traggono previsioni di segno opposto sia dalla teoria dell’agenzia (da una parte gli amministratori delegati di famiglia possono abbassare i costi di agenzia grazie all’allineamento degli interessi e alla minimizzazione dell’asimmetria informativa; dall’altra possono utilizzare la loro posizione privilegiata e la maggiore conoscenza per trarre vantaggio dai proprietari meno influenti e beneficiare solo se stessi), sia dalla teoria della stewardship (da una parte gli amministratori delegati di famiglia possono essere più affezionati e leali all’azienda, che gestirebbero in un’ottica di lungo periodo; dall’altra potrebbero manifestare un altruismo eccessivo e costoso nei riguardi di alcuni membri della famiglia e affidargli posizioni chiave anche quando non siano qualificati) e suggeriscono la necessità di indagare gli effetti dei manager di famiglia tenendo conto del contesto.

Gli autori notano che i vantaggi previsti dalle due teorie sembrano sussistere soprattutto in ambienti a bassa complessità, mentre gli svantaggi sembrano acuirsi al crescere della complessità. E dal momento che la dimensione aziendale si traduce in complessità gestionale e la dispersione della proprietà in complessità sociale, gli autori testano le ipotesi che le aziende con amministratori delegati di famiglia ottengano risultati migliori delle altre quando sono piccole e a proprietà concentrata, mentre otterrebbero risultati peggiori quando sono grandi e a proprietà diffusa e non ci sarebbe nessun effetto per le aziende piccole ma a proprietà diffusa o grandi e a proprietà concentrata.

Per testare le ipotesi, gli autori utilizzano il database di tutte le aziende italiane a controllo familiare con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, sviluppato dalla Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle Aziende Familiari per l’Osservatorio AUB (AIdAF-Unicredit-Bocconi, con la Camera di Commercio di Milano). Il database comprende 2.522 aziende medio-grandi a controllo familiare per il periodo 2000-2008 e considera a controllo familiare l’azienda quando la quota della famiglia è almeno il 50% (per le non quotate) o almeno il 25% (per quelle quotate). Selezionando solo le aziende guidate da un unico amministratore delegato, il loro campione è di 4.592 osservazioni azienda /anno. Il loro modello misura la performance con il ROA (Return on Assets), la dimensione con il fatturato e la concentrazione con l’indice di concentrazione della proprietà familiare di Herfindahl, e conferma tutte le ipotesi degli autori.

Dal punto di vista della teoria i risultati del paper sono “coerenti con l’approccio contestuale agli studi organizzativi”, scrivono gli autori, mentre dal punto di vista pratico, “anzitutto il paper richiama l’attenzione sull’importanza della corrispondenza tra tipi di leader e natura dell’azienda che sono chiamati a gestire; inoltre, lo studio mostra che, con la crescita e la dispersione della proprietà, le aziende familiari devono essere capaci di adattare la loro struttura di leadership”.



di Fabio Todesco Bocconi Knowledge newsletter

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