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Casa, dolce casa del CEO

, di Pietro Vacca
Secondo Antonio Marra, i capi d'azienda nati all'estero sono piu' attivi nelle fusioni e acquisizioni internazionali, in particolare nelle imprese del loro Paese d'origine, spiega Antonio Marra

Nell'intricato mondo del business globale, un nuovo articolo di Antonio Marra (Dipartimento di Accounting), Angela Pettinicchio (Università Cattolica) e Ron Shalev (University of Toronto) mostra che gli amministratori delegati nati all'estero hanno una marcata inclinazione verso le acquisizioni transfrontaliere, in particolare verso le imprese del loro Paese di nascita.

Questa tendenza evidenzia un pronunciato "home bias" nelle loro scelte di acquisizione, guidato da due motivazioni. In primo luogo, l'intima familiarità dei CEO con i loro Paesi di nascita fornisce loro un vantaggio informativo unico. Da questa conoscenza consegue una migliore comprensione del terreno economico locale e la possibilità di affrontarne le potenziali sfide.



In secondo luogo, il desiderio di "restituire" ai loro Paesi di nascita, misurato dal coinvolgimento in enti di beneficenza di quei Paesi, spinge questi CEO verso acquisizioni in queste nazioni. Questo legame emotivo sottolinea l'importanza dei legami personali e nazionali nelle decisioni aziendali globali.

Al di là delle dimensioni personali ed emotive, le implicazioni economiche di questa preferenza per il proprio Paese di nascita nelle acquisizioni internazionali sono importanti. Lo studio mostra che le acquisizioni nel Paese di nascita di un CEO producono generalmente ritorni economici positivi. In media, tali acquisizioni generano un rendimento del 2,5% (contro lo 0,6% di tutte le acquisizioni) per gli azionisti della società acquirente, un premio del 7,1% (contro il 4,2%) per gli azionisti della società target e sinergie economiche complessive del 6,5% (contro il 2,7%). Queste cifre evidenziano i vantaggi economici tangibili che possono derivare dal legame personale di un amministratore delegato con il proprio Paese di nascita.

"È opinione comune che i vertici delle grandi aziende siano formati da individui ultra-razionali e che ogni loro scelta sia guidata dai dati, e in molti casi è vero," afferma Marra, "ma, come abbiamo dimostrato, ci sono casi in cui lasciano che i loro sentimenti giochino una parte. È importante che gli investitori prendano in considerazione anche le caratteristiche del management, come il Paese di nascita di un amministratore delegato e i suoi legami con esso, quando si tratta di decisioni di investimento, poiché potrebbero avere un'influenza significativa sul modo in cui l'azienda è gestita."



Lo studio esplora inoltre le implicazioni più ampie dell'affinità di un amministratore delegato con la propria patria di origine, rivelando la tendenza delle aziende a fare acquisizioni in Paesi che un tempo erano le potenze coloniali del Paese di nascita del CEO. Le aziende hanno una probabilità 2,45 volte maggiore di fare un'acquisizione in un Paese che è stato un tempo il colonizzatore del Paese di nascita del CEO, sottolineando l'interazione tra storia ed economia contemporanea.

A garanzia di solidità metodologica verso potenziali argomentazioni contrarie, la ricerca conferma che questi schemi di acquisizione non sono semplicemente strategici, ma sono significativamente influenzati dalle preferenze del CEO. L'inclinazione ad acquisire nel Paese di nascita del CEO non diminuisce con il passare del tempo dalla sua nomina, il che rafforza il ruolo delle preferenze personali rispetto alla pianificazione strategica.

Antonio Marra, Angela Pettinicchio, Ron Shalev, "Home Sweet Home: CEOs Acquiring Firms in their Birth Countries", di prossima pubblicazione in Journal of Accounting Research.

When the CEO Is from Abroad

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