Gig economy: quali diritti per il lavoratore
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Gig economy: quali diritti per il lavoratore

IL GIOVANE GIUSLAVORISTA ANTONIO ALOISI STUDIA L'AREA GRIGIA DI INDETERMINATEZZA CHE SI COLLOCA TRA LE FIGURE DEI LAVORATORI DIPENDENTI E DI QUELLI AUTONOMI

L’ascesa dei servizi “just-in-time”, tipici dell’economia digitale, sta rivoluzionando la nozione stessa di lavoratore, mettendo alla prova l’impianto normativo esistente. Antonio Aloisi, dottorando di Diritto del lavoro, ha cominciato a occuparsi del tema alla fine del 2014, nel periodo in cui l’Economist dedicava una copertina ai “lavoratori alla spina” e l’International Labour Organization di Ginevra lanciava la quarta Conference on Regulating for Decent Work.
 
“Le piattaforme consentono di reclutare forza lavoro in tempi rapidissimi e di disfarsene con la stessa velocità. Da mere intermediarie, come si erano presentate agli albori dell’economia on demand, si sono trasformate in qualcosa di molto simile a tradizionali datori di lavoro. La platea dei lavoratori interessati è per ora contenuta, ma il fenomeno è in crescita esponenziale. Nessun mestiere è al riparo”.
 
Nel recente paper Il lavoro “a chiamata” e le piattaforme online della collaborative economy Aloisi si dedica in particolare alla gig economy, l’economia dei lavoretti a richiesta. I lavoratori che vi operano non sono classificati come dipendenti, eppure a stento li si può considerare autonomi, alla luce dell’esercizio delle prerogative di comando da parte delle piattaforme. Che cosa sono, allora? “Il dibattito è acceso. C’è chi pensa che si debba disegnare una terza categoria intermedia fra lavoratore dipendente e autonomo e chi invece sostiene che tale categoria non prosciugherebbe l’area grigia di indeterminatezza e insicurezza”. I contratti iper-flessibili tipici della gig economy non offrono protezioni come il salario minimo o l’indennità di malattia e sono spesso molto fragili dal punto di vista delle tutele. Il lavoratore è atomizzato e privato di ogni possibilità di sindacalizzarsi. Firma contratti on-line senza alcuna possibilità di negoziazione, è sottoposto a rigidi standard qualitativi da parte della piattaforma, noleggia tempo e competenze o – peggio ancora – è pagato a cottimo.
 
“Non esistono soluzioni universali. Qualche commentatore ha ipotizzato il ritorno al mutualismo, che in Italia vanta una lunga tradizione. Negli Stati Uniti, dove il fenomeno è in una fase avanzata, si sta lavorando alla nascita di piattaforme fondate da lavoratori”, conclude Aloisi.

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