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Diritti umani sempre piu' al centro

, di Claudio Todesco
Come la Ue ha utilizzato gli accordi commerciali per promuovere il rispetto dei diritti umani in un paper di Leonardo Borlini

Progresso e sviluppo sono cose distinte, scriveva Pier Paolo Pasolini negli Scritti corsari, ma non è concepibile un vero progresso senza le premesse economiche necessarie a realizzarlo.
La citazione apre un lavoro di Leonardo Borlini (Dipartimento di studi giuridici dell'Università Bocconi) sulla promozione dei diritti umani da parte dell'Unione Europea attraverso la stipula di accordi commerciali preferenziali. «L'Unione Europea è un laboratorio unico per capire questa tensione fra sviluppo e progresso", spiega il professore di diritto internazionale.
In The EU's Promotion of Human Rights and Sustainable Development through PTAs as a Tool to Influence Business Regulation in Third Countries, Leonardo Borlini ripercorre e discute le tappe che hanno contrassegnato l'azione dell'Unione Europea che ha utilizzato gli accordi commerciali, di partenariato e di assistenza allo sviluppo per promuovere con crescente intensità il rispetto dei diritti umani, inclusi quelli dei lavoratori, e di standard ambientali.
«Il Trattato di Lisbona è una tappa fondamentale di questo cammino. Con l'introduzione degli articoli 3(5) e 21 TUE la tutela e la promozione dei diritti umani acquisiscono il rango di direttive che l'Unione deve rispettare anche nell'ambito della sua articolata azione esterna».
L'inclusione della tutela dei diritti umani nell'ambito delle relazioni bilaterali dell'Ue è, tuttavia, antecedente. Essa ha iniziato a consolidarsi attorno al 1995, con l'introduzione sistematica negli accordi commerciali dell'Unione di clausole generali che definiscono gli obblighi delle parti in materia di diritti umani e stabiliscono che il mancato rispetto può portare, nei casi più gravi, alla sospensione dell'accordo o a contromisure appropriate. Col tempo si sono aggiunte disposizioni sullo sviluppo sostenibile e clausole che obbligano le controparti a imporre alle imprese in esse stabilite l'attuazione di modelli di corporate social responsibility. Quest'ultimo sviluppo rende ancora più evidente la volontà dell'Ue di incidere sull'attività d'impresa al di fuori dei propri confini, promuovendo con varie leve, che vanno dall'assistenza finanziaria alla prospettiva di ingresso nell'Unione, la regolazione del mercato in paesi fuori dalla propria giurisdizione. «Alcuni sostengono che la proiezione del modello Ue nel mondo risponda a un ideale di sviluppo globale sostenibile. Altri ritengono che questa tendenza risponda all'esigenza di esportare i propri standard per non penalizzare le imprese europee», conclude Borlini.

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