Perche' e quando aiutare le aziende a mantenere i lavoratori in caso di crisi
SCIENZE POLITICHE |

Perche' e quando aiutare le aziende a mantenere i lavoratori in caso di crisi

SECONDO UNO STUDIO DI GIULIA GIUPPONI, I PROGRAMMI DI LAVORO A TEMPO RIDOTTO, CHE CONSENTONO ALLE AZIENDE DI EVITARE I LICENZIAMENTI, SONO ADATTI A FRONTEGGIARE SHOCK TEMPORANEI, MA NON PERMANENTI

Con i programmi di lavoro a orario ridotto, come la cassa integrazione italiana, i governi consentono alle imprese che subiscono alterazioni temporanee della domanda o della produttività di ridurre le ore lavorate, fornendo al contempo un sostegno al reddito dei dipendenti per le ore non lavorate. Secondo un nuovo studio, queste politiche possono migliorare i risultati occupazionali dei lavoratori durante i periodi di crisi. Partecipando a questi programmi, le imprese sono in grado di trattenere più lavoratori e hanno maggiori probabilità di sopravvivere. In caso di shock economici prolungati, tuttavia, i programmi di lavoro a orario ridotto possono compromettere l’efficiente funzionamento del mercato del lavoro.
 
In periodi di difficoltà, dovuti a shock di produttività o a crisi economiche diffuse, le imprese potrebbero essere costrette a licenziare parte della forza lavoro come strumento di riduzione dei costi. Attraverso i programmi di lavoro a orario ridotto (Short-time work, STW), i governi agiscono per prevenire i licenziamenti di massa, sovvenzionando le aziende affinché mantengano i propri dipendenti riducendo le ore di lavoro individuali. Tali misure si sono particolarmente diffuse durante la pandemia di COVID, con un terzo della forza lavoro europea sottoposta a un regime di lavoro a orario ridotto.
 
Per comprendere gli effetti di questi programmi sui risultati delle imprese e dei lavoratori, in un articolo di prossima pubblicazione Giulia Giupponi (Università Bocconi) e Camille Landais (London School of Economics) studiano l'impatto che hanno avuto in Italia durante la Grande Recessione. Utilizzando dati amministrativi dettagliati sulle imprese e sui singoli lavoratori, sfruttano la diversa ammissibilità delle imprese italiane a un programma di STW, la cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), per far luce sugli effetti occupazionali, di produttività e di benessere di questa misura.
 

 
Anche se durante la recessione i livelli occupazionali sono diminuiti in modo generalizzato, le aziende che hanno utilizzato la CIGS hanno finito per avere in media un livello di occupazione superiore del 45% rispetto alle altre. L'effetto deriva dalla capacità di trattenere un maggior numero di lavoratori, riducendo le ore di lavoro individuali e quindi i costi salariali complessivi. I sussidi governativi assicurano che la retribuzione dei lavoratori diminuisca in misura sensibilmente inferiore alla riduzione delle ore.
 
Gli autori rilevano che l'adozione di questo programma di STW è stata particolarmente elevata tra le imprese con scarsa liquidità o con un rischio elevato di forti riduzioni della forza lavoro. Poiché la premessa fondamentale dei programmi STW è quella di aiutare le imprese che non sono in grado di trattenere in modo efficiente la manodopera durante le crisi, questi risultati indicano che il programma è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi primari. Nel complesso, si stima che la misura abbia aumentato la probabilità di sopravvivenza delle imprese del 10%.
 
“Il risultato principale dello studio è che il lavoro a tempo ridotto funziona. Contribuisce cioè a salvare l'occupazione nelle aziende che utilizzano il programma e offre ai lavoratori un buon grado di assicurazione a breve termine contro il costo della riduzione dell’orario e della perdita del posto di lavoro,” dichiara Giupponi.
 
Lo studio analizza anche gli effetti dinamici della CIGS dopo la fine del programma. “Una volta terminato il sussidio, gli effetti positivi sull’occupazione a livello aziendale si esauriscono, così come il valore assicurativo che il programma offre ai lavoratori,” dichiara l’autrice. Nel medio e lungo periodo, i lavoratori che hanno partecipato ai programmi STW hanno avuto risultati solo marginalmente migliori in termini di occupazione rispetto a quelli licenziati prima della crisi.
 
“C'è il rischio che – quando lo shock è permanente – il lavoro a tempo ridotto finisca per sovvenzionare lavori a bassa produttività,” aggiunge Giupponi. In particolare, la ricerca ha rilevato che – nel contesto italiano durante la Grande Recessione – le imprese a bassa produttività avevano un’alta propensione a utilizzare questa misura, anche se avevano prospettive di crescita limitate una volta terminato il programma. C’è quindi il rischio che, sovvenzionando il lavoro nelle aziende a bassa produttività, l’orario ridotto possa impedire ai lavoratori di spostarsi in quelle ad alta produttività, con conseguenze negative per la produttività aggregata.
 
Per far luce sull'impatto complessivo della misura sull'economia, gli autori sfruttano una variazione esogena nell’intensità dell'utilizzo del lavoro a orario ridotto nei mercati del lavoro locali italiani per capire se un uso più intenso del programma si traduca in risultati economici peggiori. I risultati lasciano intendere che le aree con un maggiore utilizzo del lavoro a tempo parziale hanno registrato una crescita più lenta dell'occupazione e della produttività totale dei fattori, anche se questi effetti sono di modesta entità.
 
Giupponi e Landais forniscono prove convincenti che i programmi di STW siano stati efficaci nel prevenire un’impennata della disoccupazione durante la Grande Recessione e possano essere uno strumento importante per mitigare l'impatto delle crisi economiche. Tuttavia, il programma è utilizzato meglio a fronte di shock temporanei piuttosto che permanenti: quando le situazioni di crisi diventano persistenti, il lavoro a tempo ridotto può ostacolare la riallocazione dei lavoratori in altre aziende e limitare la crescita economica.
 
Per far sì che i benefici del programma siano massimizzati, gli autori propongono di introdurre meccanismi – come la partecipazione ai costi da parte delle imprese – per far aderire al programma coloro che sono disposti a sostenere parte dei costi. “Questo è un modo per migliorare la selezione delle imprese e ridurre la probabilità di questi potenziali effetti di riallocazione,” conclude Giupponi.
 
Giulia Giupponi, Camille Landais, “Subsidizing Labor Hoarding in Recessions: The Employment & Welfare Effects of Short Time Work.” Di prossima pubblicazione su The Review of Economic Studies.
 

di Anna Saraiva
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