Il capitale delle grandi imprese italiane, controllato per il 30% da donne, assicura una governance migliore
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Il capitale delle grandi imprese italiane, controllato per il 30% da donne, assicura una governance migliore

UNA RICERCA COORDINATA DA ALESSANDRO MINICHILLI E CONDOTTA DA SDA BOCCONI CORPORATE GOVERNANCE LAB, LAZARD E LINKLATERS EVIDENZIA LA PROGRESSIVA APERTURA DEL CAPITALE ALLE DONNE

La quota detenuta da donne nei gruppi industriali italiani familiari con fatturato superiore ai €100mln è del 27,1%, che pur essendo ancora lontano dalla parità mostra un deciso incremento nel tempo, essendo aumentata di circa un terzo negli ultimi 15 anni. Il dato risulta più contenuto nelle imprese familiari quotate, dove la presenza femminile nel capitale si ferma al 20,4%.
 
Questi sono alcuni dei risultati di una ricerca coordinata da Alessandro Minichilli, direttore del Corporate Governance Lab della SDA Bocconi School of Management e condotta in collaborazione con Lazard e Linklaters. I ricercatori sono riusciti a raccogliere informazioni su 1.094 imprese familiari italiane non quotate con fatturato superiore a €100mln e 221 quotate – sia al mercato Euronext che Euronext Growth (un campione pari ad oltre il 95% dell’universo investigato), per un periodo che va dal 2005 al 2020.


 
In base ai dati storici così ricostruiti, la ricerca ha anche stimato una proiezione della proprietà femminile nei prossimi 10 e 20 anni. Ipotizzando che la disparità di genere sia un fattore ormai superato nella cultura di impresa, e stimando le successioni proprietarie che verosimilmente si verificheranno in queste finestre temporali, si può immaginare una consistente riduzione del divario di genere nella proprietà che possa portare le donne a detenere mediamente il 37,1% del capitale delle imprese considerate nel 2030, ed il 44,5% nel 2040.
 
Le imprese a maggioranza femminile presentano però alcune caratteristiche particolari. Innanzitutto, c’è un forte effetto di trascinamento tra la proprietà femminile e la scelta di donne come AD: si passa dal 10% di AD donne nelle imprese a proprietà totalmente maschile al 41% nelle imprese in cui la quota di proprietà femminile supera il 50%.

Le imprese controllate da donne hanno poi una governance mediamente migliore di quelle a proprietà esclusivamente maschile e ricorrono più di frequente ad amministratori delegati di provenienza esterna alle famiglie controllanti. In particolare, l’indice di corporate governance (ICG) che misura la qualità dell’assetto di vertice delle imprese è sensibilmente più elevato (2,56 contro 2,32, una differenza del 10%) quando le donne sono azioniste di controllo e gli AD esterni passano dal 30,3% nelle imprese a controllo maschile al 37,8% in quelle a controllo femminile. In aggiunta, le imprese controllate da donne crescono di più e sono meno indebitate.
 
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Anche le scelte strategiche delle imprese a controllo femminile presentano profili di interesse: anche se le operazioni di M&A che portano a termine sono numericamente inferiori, si tratta di operazioni di valore più alto e più aperte a partner esteri. Anche la presenza all’estero segue una strategia significativamente diversa: “Le imprese a controllo femminile hanno, in media, un maggior numero di aziende controllate all’estero. Inoltre,” spiega Minichilli, “esse mostrano un maggiore grado di diversificazione nella distribuzione geografica delle partecipate estere.”

“Un dato sorprendente che si evince dalla ricerca è che quasi un terzo del capitale delle grandi imprese italiane è oggi controllato da azioniste donne e che in vent’anni raggiungeremo poco meno della metà della proprietà femminile sul capitale di queste imprese,” commenta Michele Marocchino, managing partner Lazard, “una evidenza importante per novità e impatto sul sistema delle imprese, che pensiamo possa portare a un cambiamento virtuoso all’interno delle aziende sia in fatto di governance che di scelte strategiche.”
 
“Se le previsioni relative all’evoluzione della proprietà femminile emerse dalla ricerca saranno confermate,” commenta Claudia Parzani, partner Linklaters e presidente Borsa Italiana, “avremo un arricchimento del sistema grazie a modelli di governance più aperti e collaborativi, eterogeneità delle competenze e rinnovati stili di leadership. Nuovi strumenti e soluzioni, esperienze e abilità diverse aiuteranno le imprese ad affrontare le sfide più complesse e a cogliere tutte le opportunità che presentano.”
 

di Andrea Costa
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