FINANZA |

La FED aveva ragione: strategie di trasferimento del rischio di credito negli USA durante la crisi finanziaria

UNA SOFISTICATA ANALISI DI MASCIA BEDENDO E BRUNELLA BRUNO MOSTRA CHE LE BANCHE AMERICANE HANNO USATO LE RISORSE FINANZIARIE LIBERATE ATTRAVERSO LA CESSIONE DEI PRESTITI, LA CARTOLARIZZAZIONE E I DERIVATI CREDITIZI PER ESPANDERE L'OFFERTA DI CREDITO ANCHE NEL CORSO DELLA CRISI DEL 2007-2009

Durante la crisi del 2007-2009, cessione dei prestiti, cartolarizzazione e derivati creditizi, gli strumenti di trasferimento del rischio di credito (Credit risk transfer, CRT) utilizzati dalle banche americane, si sono rivelati una modalità efficace per raccogliere risorse finanziarie poi trasformate in prestiti, rendendo così giustizia alla decisione delle autorità regolatrici di approvare misure d’emergenza finalizzate a preservare sufficiente liquidità nei mercati dei CRT, e sollevando qualche dubbio su alcune misure di regolamentazione post-crisi, probabilmente troppo restrittive.

Mascia Bedendo e Brunella Bruno (entrambe del Dipartimento di Finanza) in Credit Risk Transfer in US Commercial Banks: What Changed during the 2007-2009 Crisis? (Journal of Banking and Finance, Vol. 36, Issue 12, December 2012, Pages 3260-3272, doi: 10.1016/j.jbankfin.2012.07.011) raccolgono elementi che dimostrano che i fondi liberati grazie al CRT sono stati poi investiti dalle banche per sostenere l’offerta di credito anche in recessione, “il che suggerisce che le misure finalizzate a preservare la liquidità degli strumenti di CRT hanno apportato benefici all’economia reale, in termini di minore contrazione del credito”. L’altra faccia della medaglia è la maggiore rischiosità e i più alti tassi di default durante la recessione per le banche maggiormente coinvolte nella cessione dei crediti e nella cartolarizzazione.

In un’analisi piuttosto sofisticata, Bedendo e Bruno indagano l’utilizzo e gli effetti delle attività di CRT sia negli anni precedenti sia in quelli di crisi; considerano l’intera gamma di strumenti di CRT utilizzati dalle banche commerciali americane; osservano i risultati sia per le banche di medie dimensioni (attività totali tra 1 e 20 miliardi di dollari) sia per le grandi banche (attività totali superiori ai 20 miliardi di dollari). Utilizzando i dati dei Consolidated Reports of Condition and Income (Call Reports) della FED, rilevano che il 70% delle banche commerciali americane utilizzano strumenti di CRT (la percentuale cresce al 90% per le grandi banche), con l’80% degli utilizzatori che impiega solo uno strumento e solo il 5-6% che li utilizza tutti e tre.

Le studiose documentano che la contrazione del CRT durante la crisi è stata più severa per le banche di medie dimensioni che per quelle grandi e che lo strumento che ha sofferto di più è stato la cartolarizzazione, per via dell’incertezza sulla valutazione dei titoli asset-backed. Questa tendenza è stata in parte bilanciata dal maggiore ricorso alla cessione dei crediti (loan sales), “che rappresenta una modalità di trasferire il rischio di credito meno costosa, più flessibile e più trasparente della cartolarizzazione”, scrivono le autrici.

Mentre i dati confermano che le risorse liberate attraverso il CRT sono state investite per aumentare i prestiti bancari, tale effetto si è evidenziato, nel corso della crisi, solo per i prestiti alle imprese e al consumo, per via dell’inaridimento del mercato dei mutui dopo l’esplosione della bolla immobiliare. Inoltre, tutti gli effetti documentati si rivelano più forti per i cosiddetti strumenti “funded” (ovvero cessione dei prestiti e cartolarizzazione, che generano flussi di cassa, mentre i derivati creditizi, che pure consentono alle banche di liberare capitale, non generano liquidità, sono cioè unfunded). L’utilizzo dei derivati creditizi per finalità di copertura (documentata per le grandi banche) non ha avuto effetti negativi sulla stabilità delle banche.

“I nostri risultati suggeriscono che il principale incentivo all’utilizzo di strumenti di CRT nel corso della stretta creditizia è stata la necessità di raccogliere risorse finanziarie addizionali (e che) le risorse finanziarie liberate dall’attività di CRT sono state utilizzate per espandere i prestiti bancari non solo nei momenti economicamente positivi ma, sebbene in misura inferiore, anche durante la crisi”, scrivono le studiose. “Gli effetti del CRT sull’offerta di credito e sul rischio bancario, ad ogni modo, variano per i diversi strumenti di CRT, dal momento che risultano molto più forti per gli strumenti funded che per i derivati creditizi”.

Le autrici concludono con un’osservazione sugli interventi regolatori post-crisi, sostenendo che “alcune delle nuove regole possono limitare in modo eccessivo la domanda di CRT. È il caso, per esempio, del quadro regolamentare di Basilea III, i cui requisiti restrittivi in termini di capitale, liquidità e leva possono effettivamente portare a un eccessivo e generalizzato ridimensionamento del CRT”.



di Fabio Todesco
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