FINANZA |

La paga del soldato e del CEO: un nastro colorato

UN NUOVO LAVORO DI LINUS SIMING MOSTRA CHE LE ONORIFICENZE PUBBLICHE ASSEGNATE DAI GOVERNI POSSONO FUNZIONARE DA SOSTITUTI DELLA RETRIBUZIONE DEGLI AMMINISTRATORI DELEGATI

Pare che Napoleone non fosse l’unico a pensare che “Un soldato combatterà a lungo e duramente per un pezzo di nastro colorato”. In Orders of Merit and CEO Compensation: Evidence from a Natural Experiment, un working paper finanziato dal Centre for Applied Research in Finance (CAREFIN) della Bocconi, Linus Siming (Dipartimento di Finanza) non si limita a condividere l’opinione, ma si spinge oltre, raccogliendo prove convincenti della correttezza dell’aforisma di Napoleone. Grazie a un esperimento quasi-naturale, l’autore osserva che gli amministratori delegati chiedono retribuzioni maggiori dopo che un cambiamento della legislazione svedese li ha esclusi dall’assegnazione di onorificenze statali (specificamente, ordini di merito), suggerendo che tali onorificenze funzionavano da sostituti, almeno parziali, della retribuzione.

Mentre gran parte della letteratura corrente si occupa di incentivi monetari (come bonus o stock option) o di benefit aziendali (come auto o aerei privati), il ruolo giocato dai beni posizionali –ovvero beni che non sono importanti per il loro valore commerciale, ma per la loro desiderabilità– rimane piuttosto inesplorata nella ricerca accademica. Risulta un solo altro paper recente che punta nella stessa direzione e suggerisce che gli amministratori delegati delle imprese comprese nella lista Fortune 100 delle imprese più ammirate guadagnano in media il 9% in meno rispetto a chi ricopre la stessa posizione in imprese comparabili. Questa può essere una delle ragioni per cui il lavoro di Siming ha suscitato l’interesse della stampa internazionale (vedi The Economist, A bit of coloured ribbon).

Il presupposto dell’idea dell’autore (e di Napoleone) è semplice: gli amministratori delegati (come i soldati) sono efficacemente motivati nelle loro azioni dal pubblico riconoscimento dei loro sforzi, ottenuto attraverso l’assegnazione di ordini di merito. Un incentivo reputazionale di questo genere può sostituire quelli monetari al punto che, ceteris paribus, gli amministratori delegati che lo hanno ricevuto saranno disposti ad accettare una remunerazione inferiore rispetto a quelli che non ne sono stati insigniti. Anche se formulare un’aspettativa simile può essere facile, la raccolta dell’evidenza empirica presenta molte difficoltà, dal momento che non è facile stabilire, ex ante, se un amministratore delegato riceverà o meno un riconoscimento.

Per risolvere questa impasse, l’autore ha utilizzato un cambiamento legislativo in Svezia, che ha escluso gli amministratori delegati dall’assegnazione dell’Ordine di Vasa (l’ordine di merito svedese per il business) dopo il 1974, non modificando però lo status di chi lo aveva già ricevuto. Questa situazione ha consentito un’efficace strategia di identificazione e, attraverso un’analisi difference-in-difference, ha evidenziato che, dopo la riforma, gli amministratori delegati ai quali non era stato assegnato l’Ordine guadagnavano, in media, quasi il 7% in più rispetto ai colleghi di prima della riforma.

Anche se il più serio problema dell’identificazione è stato risolto grazie a questa particolare situazione, potrebbero emergere dubbi riguardo possibili spiegazioni alternative. Per farvi fronte, l’autore esegue ulteriori test per assicurarsi che il risultato non dipenda da caratteristiche personali (come l’età) o dall’assegnazione di riconoscimenti diversi dall’Ordine di Vasa, oltre che alcuni test di robustezza. I risultati tengono indipendentemente dalla specificazione utilizzata, e, in più, si trova che gli amministratori delegati più anziani chiedono una remunerazione maggiore rispetto a quelli più giovani. L’unico caso in cui i risultati non tengono è quando l’autore considera più lunghi periodi pre- e post-misurazione; ad ogni modo la spiegazione della perdita di significatività consiste, con ogni probabilità, nel fatto che allargando l’orizzonte temporale si catturano fattori confondenti, che poco hanno a che fare con la domanda di ricerca.

Infine, l’autore evidenzia che l’aumento delle retribuzioni post-riforma non corrisponde a una migliore performance delle imprese, suggerendo che gli ordini di merito funzionano come meccanismi incentivanti che favoriscono gli azionisti piuttosto che la società.

I governi sono avvisati: la prossima volta che dovranno decidere se tagliare un’onorificenza, sappiano che ciò ha un prezzo e che saranno gli azionisti a pagarlo per bilanciare la perdita subita dai loro amministratori delegati.



di Annaig Morin
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