Fondi sovrani: gli investimenti calano del 15% e vanno nei porti sicuri dell'Occidente
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Fondi sovrani: gli investimenti calano del 15% e vanno nei porti sicuri dell'Occidente

NEL 2013 175 OPERAZIONI PER 50,1 MILIARDI DI DOLLARI. IL RAPPORTO DEL SOVEREIGN INVESTMENT LAB DELLA BOCCONI EVIDENZIA UNO SPOSTAMENTO DAI PAESI IN VIA DI SVILUPPO A QUELLI OCSE

La progressiva erosione del vantaggio competitivo dei paesi emergenti – Cina in testa – e la pressione sui prezzi degli idrocarburi determinata dallo shale gas nordamericano sono i fattori che hanno determinato una riduzione del 35% (da 270 a 175) nel numero delle operazioni portate a termine nel 2013 dai fondi sovrani di tutto il mondo e del 15% nel loro valore complessivo (da 58,4 a 50,1 miliardi di dollari). Se è vero che, rispetto al 2012, il valore medio di ciascun’operazione è aumentato da 216,3 a 286,1 milioni di dollari, il dato si colloca comunque in un andamento decrescente di medio periodo. Nel 2008, infatti, il valore medio era di 645,6 milioni di dollari.

Il Sovereign Wealth Fund Annual Report 2013 del Sovereign Investment Lab (Sil) del Centro Baffi della Bocconi evidenzia come i due cambiamenti macroeconomici abbiano determinato sia un rallentamento nell’accumulo del denaro da investire (gran parte dei fondi sovrani fa capo ai governi di paesi in via di sviluppo e ricchi di materie prime), sia una minore attrattività degli stessi paesi in via di sviluppo nella localizzazione degli investimenti. “Noi chiamiamo questo processo la Grande riallocazione” dice Bernardo Bortolotti, direttore del Sil, “per le forti implicazioni che registriamo per le aree geografiche e i settori industriali. I maggiori beneficiari della riallocazione sono i safe assets delle economie sviluppate e principalmente l’Europa, gli Stati Uniti e l’Australia.” I paesi Ocse hanno attratto il 65% degli investimenti per la prima volta dall’inizio della crisi, mentre tra i paesi Bric non si registra solo una riduzione al 21%, ma anche una violenta redistribuzione, con la Cina che crolla da 4,6 a 0,62 miliardi di dollari di investimento dall’estero e la Russia e l’India in forte crescita. L’Italia, non diversamente dagli altri anni, si conferma fanalino di coda nella classifica europea con 1,5 miliardi.

In termini di settori, la riallocazione ha proceduto, nel 2013, dal settore finanziario a quello immobiliare e delle strutture turistiche. Con 47 operazioni per un valore complessivo di 11 miliardi di dollari, il settore finanziario rimane il più importante, ma la somma degli investimenti nel settore immobiliare (22 operazioni per un valore di 10 miliardi) e nella ricettività turistica (16 operazioni per 6 miliardi di dollari) è più alta. Per la prima volta in anni torna alla ribalta il settore chimico, mentre gli investimenti in energia sono sostenuti (5,2 miliardi di dollari) e riguardano l’intera filiera.

Il rapporto evidenzia due importanti fenomeni, che potrebbero avere notevoli conseguenze nei prossimi anni. Il primo è la crescita degli staff dei fondi sovrani, che prima preferivano affidarsi a strutture esterne e oggi gestiscono in casa un numero sempre maggiore di operazioni, anche se di valore medio-piccolo. Il secondo è l’intensificazione delle collaborazioni tra fondi sovrani e tra fondi sovrani e altri investitori. Nel 2013 53 operazioni, per un valore di 16,9 miliardi di dollari, sono state co-investimenti.



di Fabio Todesco
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