Clausole ombrello e transfer provision: perche' l'accordo di libero scambio con il Canada e' importante
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Clausole ombrello e transfer provision: perche' l'accordo di libero scambio con il Canada e' importante

UN RECENTE ARTICOLO DI ANNA DE LUCA ESAMINA ALCUNE DELLE PRINCIPALI QUESTIONI NELLA DEFINIZIONE DEL FUTURO MODELLO COMUNITARIO DI TRATTATO BILATERALE PER LA PROTEZIONE DEGLI INVESTIMENTI ESTERI

L’Unione Europea e il Canada stanno attualmente negoziando un accordo di libero scambio, chiamato Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA), il cui capitolo sugli investimenti esteri è di particolare importanza, essendo uno dei primi accordi internazionali della UE in materia. Per tale ragione, si tratta di un passaggio significativo anche in vista della definizione del contenuto del futuro modello europeo di trattato bilaterale per la protezione degli investimenti esteri (Bilateral Investment Treaty, in breve BIT).

Anna De Luca (Dipartimento di studi giuridici) ha analizzato alcune delle previsioni più interessanti del capitolo sugli investimenti esteri del CETA, dando vita ad un vivace dibattito in occasione della seconda conferenza di Vienna sull’Unione Europea e il diritto internazionale degli investimenti esteri, tenutosi presso l’Università di Vienna il 25-26 novembre 2013, al quale è intervenuta come relatrice. Sullo stesso tema, De Luca ha recentemente pubblicato anche un articolo su The Journal of World Investment and Trade, intitolato “Umbrella Clauses and Transfer Provisions in the (Invisible) EU Model BIT”.

Il primo tema affrontato da De Luca è l’inserimento di una “clausola-ombrello” nel capitolo sugli investimenti esteri del CETA. Per comprenderne la rilevanza, occorre considerare che, di norma, solo gli atti che siano espressione del potere autoritativo di uno Stato sono rilevanti sul piano del diritto internazionale e, quindi, sono suscettibili di violare gli impegni contenuti in un BIT. Di conseguenza, i meccanismi di protezione degli investimenti esteri previsti nel BIT (come un eventuale arbitrato) operano normalmente solo contro atti autoritativi e non in caso di condotte dello Stato qualificabili come atti di diritto privato, quale, ad esempio, l’inadempimento di un contratto. La clausola-ombrello, invece, impegna lo Stato che riceve l’investimento a rispettare tout court i propri obblighi nei confronti degli investitori, facendo così divenire rilevanti sul piano del diritto internazionale anche gli obblighi contrattuali dello Stato.

L’autrice spiega, in proposito, che quello delle clausole-ombrello è uno degli argomenti più dibattuti nella prassi, essendone incerti gli effetti e la definizione dell’ambito di applicazione, e che è quantomeno dubbio che una clausola-ombrello sarà effettivamente inserita nel testo finale del CETA perché, da un lato, il Canada non ha mai inserito clausole-ombrello nei propri BIT e, dall’altro lato, l’Unione Europea non ha una posizione definita sull’argomento. Le possibili conseguenze negative dell’assenza di una clausola-ombrello nel CETA non appaiono comunque gravi, considerando che i sistemi giudiziari degli Stati dell’Unione Europea e Canada offrono garanzie analoghe.

Il secondo aspetto analizzato da De Luca è il possibile inserimento di una clausola di garanzia della libertà di trasferimento di fondi (c.d. transfer provision) nel CETA. Si tratta di una clausola che ha lo scopo di ridurre, o eliminare, le restrizioni ai trasferimenti di capitali connessi a investimenti esteri. In realtà, clausole di questo genere sono considerate vere e proprie previsioni standard in tutti gli accordi internazionali sugli investimenti degli Stati membri della UE ed è indubbio che una transfer provision sarà inclusa tanto nel futuro modello europeo di BIT, quanto nel CETA.

Nondimeno, De Luca illustra come, in seguito alla crisi finanziaria del 2008, si discuta della possibile introduzione di deroghe alla libertà di movimento dei capitali quale misura di salvaguardia in caso gravi difficoltà di politica monetaria o in relazione ai tassi di cambio, sebbene sia necessario coordinare le restrizioni alle transazioni correnti con la disciplina dettata dal Fondo Monetario Internazionale.

Infine, l’Autrice riferisce anche di recenti sviluppi nella politica europea degli investimenti, specialmente nella prospettiva del futuro accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, in merito all’opposizione di alcuni Stati membri (come la Germania) alla previsione dell’arbitrato in materia di investimenti esteri. Si tratta di una posizione che, se accolta, rimetterebbe ai Tribunali nazionali le eventuali controversie sugli investimenti esteri, con ulteriore incremento della complessità della materia.



di Marco Garavelli
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