Cultura e sviluppo demografico: cosa ci insegna la storia ebraica
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Cultura e sviluppo demografico: cosa ci insegna la storia ebraica

UNO STUDIO DI MARISTELLA BOTTICINI E COLLEGHI ANALIZZA IL TREND DEMOGRAFICO DELLA POPOLAZIONE EBRAICA IN EUROPA DAL 1500 AGLI ANNI 30 DEL SECOLO SCORSO

La storia può aiutare a valutare l’impatto dei fattori culturali e religiosi sullo sviluppo demografico ed economico di una popolazione. In Child Care and Human Development: Insights from Jewish History in Central and Eastern Europe, 1500–1930, Maristella Botticini (Bocconi), Zvi Eckstein (Interdisciplinary Center IDC, Israele) e Anat Vaturi (Hebrew University of Jerusalem) prendono in esame il caso del popolo ebraico nell’Europa centro-orientale in epoca premoderna e moderna. Nel periodo che va dal 1500 al 1930, la popolazione complessiva nell’area crebbe a un tasso annuo dello 0,43%, mentre il tasso annuo di crescita della popolazione ebraica sfiorò l’1,4%. Nel 1500 gli ebrei erano lo 0,13% della popolazione nella vasta area della Polonia e Lituania. Nel 1880, prima delle migrazioni verso Stati Uniti ed Europa occidentale, erano il 15%.
Grazie all’analisi di fonti primarie e secondarie, gli autori documentano che circa il 70% di questa notevole differenza nei trend demografici è dovuto al tasso di mortalità infantile molto più basso tra gli ebrei in virtù dell’applicazione di norme e pratiche riguardanti la cura dei neonati e dei bambini nei primi anni di vita che traggono origine nella Bibbia e nel Talmud. Fra questi insegnamenti, alcuni riguardavano l’obbligo di allattare il neonato subito dopo il parto per beneficiare del colostro, la lunga durata dell’allattamento al seno e il divieto di far allattare il neonato da più di una donna. Una nuova gravidanza avrebbe ridotto qualità e quantità del latte materno ed era perciò consentito l’uso di metodi contraccettivi meccanici prima dello svezzamento. Altri insegnamenti concernevano la dieta e l’igiene di madre e neonato e il supporto della famiglia della sposa ai neo genitori.

«L’elemento più sorprendente è che, molti secoli dopo la Bibbia e il Talmud, la ricerca medica contemporanea ha dimostrato che queste norme e pratiche migliorano effettivamente la salute e il benessere di neonati e bambini, ne aumentano le abilità cognitive e non cognitive, generando allo stesso tempo tassi di mortalità infantile e nei primi anni di vita più bassi», spiega Maristella Botticini. «L’ebraismo che duemila anni fa aveva imposto alle famiglie l’istruzione obbligatoria dei bambini in un mondo di analfabetismo ha anche determinato quella grande differenza nei tassi di mortalità infantile e nei primi anni di vita grazie alla quale la comunità ebraica nell’Europa orientale in epoca premoderna e moderna ha registrato una cresciuta demografica impressionante, diventando allo stesso tempo il centro economico e intellettuale della popolazione ebraica mondiale».

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di Claudio Todesco
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