Quanto conta il piano di studi per lo sviluppo di un paese? Tanto
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Quanto conta il piano di studi per lo sviluppo di un paese? Tanto

UNO STUDIO DI MARA SQUICCIARINI SI AGGIUDICA LO YOUNG ITALIAN ECONOMIST AWARD 2018

Durante la Seconda rivoluzione industriale (1870-1914), la conoscenza di nozioni base di matematica, geometria e disegno divenne requisito indispensabile per manovrare le macchine. Il capitale umano era diventato fondamentale per lo sviluppo economico. Il governo francese decise di investire nell’istruzione primaria, introducendo insegnamenti tecnici.
Una parte del clero promosse invece un’agenda anti-scientifica e conservatrice, avversando progresso tecnologico e piani di studi tecnici.
Non è il contesto di un romanzo storico, ma la premessa di Devotion and Development: Religiosity, Education, and Economic Progress in 19th-Century France, lo studio di Mara Squicciarini (Bocconi) vincitore dello Young Italian Economist Award 2018, assegnato al migliore contributo presentato da un under 35 alla riunione scientifica annuale della Società italiana degli economisti. Per realizzarlo, Squicciarini ha assemblato un dataset da fonti primarie e secondarie, raccogliendo statistiche del governo francese su industrializzazione e istruzione, e confrontandole con sette diversi indicatori dell’intensità religiosa a livello locale.

Il principale è la percentuale di sacerdoti che durante la rivoluzione francese confermarono la propria fedeltà alla Chiesa. «Prima di scegliere se supportare Stato o Chiesa, i preti avevano bisogno dell’approvazione dei cittadini. Fu una sorta di referendum che oggi possiamo usare come misura dell’intensità religiosa, unitamente ai dati sulla partecipazione alle messe o il numero di abbonati al giornale cattolico per eccellenza La Croix».
Secondo i dati raccolti, prima della Seconda rivoluzione industriale città e dipartimenti più religiosi non erano mediamente più sottosviluppati degli altri. Lo sarebbero diventati dopo il 1870.
«Questa storia ci insegna che non conta soltanto la quantità di capitale umano, vale a dire il tasso di scolarità, ma anche e soprattutto i contenuti del piano di studi. Al tempo stesso, i fattori culturali, come la religione, sono fondamentali: quest’ultima non è sempre antagonista dello sviluppo economico, ma quando vi si oppone può rallentarlo».

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di Claudio Todesco
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