Meglio ascoltare Cassandra anche in tempi di COVID
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Meglio ascoltare Cassandra anche in tempi di COVID

SEI PAESI DELL'UE HANNO VIETATO LE VENDITE ALLO SCOPERTO IN BORSA A SEGUITO DELL'EPIDEMIA DI COVID PER EVITARE CIRCOLI VIZIOSI AL RIBASSO. SECONDO MARCO VENTORUZZO HANNO FATTO MALE

La norma che ha vietato le vendite allo scoperto sulle borse di Francia, Italia, Spagna, Austria, Grecia e Belgio al culmine della pandemia di COVID-19 in Europa ha avuto effetti opposti a quelli desiderati, secondo una ricerca di Marco Ventoruzzo (Dipartimento di Studi Giuridici della Bocconi) e Gianfranco Siciliano (China Europe International Business School), che considera 15 paesi europei. “Il divieto di vendita allo scoperto è associato a una minore liquidità dei titoli, a una maggiore asimmetria informativa e a minori rendimenti, ottenendo così l’esatto risultato che mira a prevenire”, riassume il professor Ventoruzzo.

La vendita allo scoperto è una pratica diffusa tra gli investitori con aspettative ribassiste. Questi prendono in prestito un titolo che non possiedono e lo vendono sul mercato, pianificando di riacquistarlo in seguito, auspicabilmente a un prezzo più basso. “In media, nella maggior parte dei mercati”, scrivono gli autori, “le vendite allo scoperto rappresentano oltre il 20% del volume di scambi e gli operatori che le utilizzano sono generalmente considerati trader con accesso a informazioni rilevanti. Questi dati suggeriscono che essi svolgono un ruolo importante nella formazione del prezzo e, secondo alcune analisi, contribuiscono al processo di determinazione di un prezzo d’equilibrio, migliorando l'efficienza dell'informazione e la liquidità del mercato e riducendo al contempo l'asimmetria dell'informazione”.
 
D'altra parte, se combinato con la rapida diffusione delle informazioni e con le reazioni automatiche innescate dagli algoritmi di trading basati sui movimenti dei prezzi, le vendite allo scoperto potrebbero innescare circoli viziosi al ribasso, funzionando come una profezia che si autoavvera. “I divieti sono stati visti da alcuni come un intervento normativo necessario per garantire la stabilità finanziaria, una sorta di interruttore di circuito”, dice Ventoruzzo.
 
Durante la crisi finanziaria che ha seguito lo scoppio del COVID-19 in Europa, le autorità hanno vietato le vendite allo scoperto in sei paesi dell'UE per due mesi (18 marzo-18 maggio 2020), più un paio di divieti di un giorno per singole azioni. Questo permette di confrontare sia il comportamento dello stesso titolo in tempi normali e di divieto, sia i mercati dei paesi che hanno imposto o meno il divieto.
 
Analizzando il mercato di 14 paesi dell'UE più il Regno Unito dal 24 gennaio al 18 maggio, Ventoruzzo e Siciliano osservano che l'asimmetria informativa è più alta durante il periodo di divieto, che i titoli soggetti al divieto subiscono pressioni al ribasso più intense e che la liquidità del mercato è leggermente inferiore nei giorni di divieto.
 
In particolare, il bid-ask spread, una misura dell'asimmetria informativa, aumenta del 16% nei giorni di divieto, i titoli soggetti al divieto sottoperformano dello 0,1% al giorno rispetto agli altri e la loro liquidità diminuisce dello 0,1%. Gli effetti sono più intensi per i titoli finanziari rispetto a quelli non finanziari.
 
I risultati si aggiungono a una crescente mole di prove dell'inefficacia dei divieti di vendita allo scoperto e suggeriscono che la loro attuazione potrebbe essere dovuta principalmente alle pressioni politiche a "fare qualcosa" in tempi di crisi.
 
Gianfranco Siciliano, Marco Ventoruzzo, “Banning Cassandra from the Market? An Empirical Analysis of Short-Selling Bans during the Covid 19 Crisis”, ECGI Working Paper Series in Law, N, 532/2020.

di Fabio Todesco
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