Brani con featuring: perche' fanno piu' successo
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Brani con featuring: perche' fanno piu' successo

ANDREA ORDANINI, JOSEPH NUNES E ANASTASIA NANNI ANALIZZANO IL FENOMENO COME UN CASO DI COBRANDING: I FEATURING CON I RISULTATI COMMERCIALI MIGLIORI SONO PROGETTI TEMPORANEI E METTONO INSIEME ARTISTI DI GENERI MOLTO DIVERSI

Nelle ultime venti edizioni del Festival di Sanremo, quasi 40 concorrenti si sono esibiti affiancati da uno o più ospiti. Alcuni hanno vinto, come Ermal Meta e Fabrizio Moro nel 2018. Altri si sono ben piazzati, come Raphael Gualazzi e Bloody Beetroots, secondi nel 2014. Unire le forze può essere una buona strategia, non tanto per conquistare il pubblico e le giurie del festival, ma per vendere la propria musica. Lo dimostra uno studio condotto da Andrea Ordanini dell’Università Bocconi sulle classifiche discografiche americane. Secondo i dati analizzati, fra le canzoni in classifica, quelle che contengono featuring hanno maggiori probabilità di entrare nella Top 10 rispetto a quelle che non ne hanno. All’aumentare della distanza fra i generi musicali degli artisti coinvolti crescono anche le chance di successo. L’eterogeneità paga.
 
Il featuring è uno dei fenomeni più eclatanti degli ultimi anni nell’ambito della musica pop. Prevede che vi sia una collaborazione asimmetrica fra un artista principale (host) e un ospite (guest), un concetto innovativo rispetto a quello tradizionale di duetto in cui gli artisti hanno uguale peso. Apparso negli anni ’80 nell’ambito della cultura hip-hop, il fenomeno è cresciuto notevolmente nell’ultimo ventennio. Nel 1996 poco più di 20 brani musicali con featuring sono entrati nella top-100 negli Stati Uniti. Nel 2017, il numero era salito a circa 150. Nel 2002, la Recording Academy americana ha certificato la rilevanza del fenomeno istituendo il Grammy Award for Best Rap/Sung Performance.
 
Andrea Ordanini ha studiato il fenomeno del featuring attingendo alla letteratura sul co-branding e in particolare a quella che studia che cosa accade quando un brand affermato incorpora componenti di altre aziende all’interno di un proprio prodotto. «La letteratura di marketing evidenzia la convenienza delle operazioni di co-branding fra marchi appartenenti a categorie merceologiche distanti», spiega Ordanini. «Ricerche empiriche hanno dimostrato che, al verificarsi di determinate condizioni, i consumatori valutano i prodotti in co-branding meglio di quelli dei singoli brand».
 
Avviene la stessa cosa nel mondo della musica? Per rispondere, Ordanini ha studiato le canzoni apparse dal 1996 al 2018 nelle prime dieci posizioni della principale classifica dell’industria discografica americana, la Billboard Hot 100. I risultati sono illustrati in uno studio firmato con Joseph C. Nunes e Anastasia Nanni. Fra le canzoni Hot 100, quelle con uno o più featuring hanno effettivamente maggiori probabilità di entrare nella Top 10: il 18,4%, contro il 13,9% delle canzoni che non includono featuring.
 
Il successo in classifica è stato messo a confronto con la distanza che separa i generi musicali di host e guest. Le collaborazioni fra artisti rap e R&B, ad esempio, sono più frequenti di quelle fra cantanti rap e country. Tale frequenza segnala una minore distanza fra i due generi. «A parità di condizioni, all’aumento della distanza fra generi aumenta significativamente la possibilità di raggiungere la parte alta della classifica, anche se a un tasso via via decrescente», spiega Ordanini. L’effetto positivo di cui godono le collaborazioni che superano gli steccati stilistici è moderato dalla permeabilità dei confini del genere cui appartiene l’host. La deviazione da stili con perimetri concettuali più marcati, come ad esempio il country, può essere penalizzata dal pubblico.
 
Dallo studio emerge l’idea del featuring come pratica innovativa che combina elementi caratteristici di due stili e che deve il successo alla capacità di raccogliere consensi da un pubblico ampio che comprende non solo i fan di entrambi gli artisti, ma anche gli ascoltatori onnivori. «Nell’83% dei featuring entrati in classifica dal 1996 ai giorni nostri, quella specifica collaborazione non è stata più replicata. I featuring rappresentano quindi un’eccezione nel repertorio di un artista che mantiene così il proprio posizionamento e non diluisce il brand». I dati dimostrano inoltre che il successo di un featuring non dipende dalla popolarità dell’host, che anzi può usare la collaborazione con artisti giovani per aggiornare la propria immagine.
 
Affinché un featuring abbia successo, suggeriscono gli autori dello studio, l’artista deve comunicarne la logica mettendo in evidenza il carattere temporaneo e allo stesso tempo innovativo della collaborazione. È quel che fanno spesso i rapper, anche italiani. Il fenomeno, infatti, non è solo americano. Vi sono featuring in oltre metà dei 50 album italiani di canzoni inedite più venduti nel 2018 (fonte: FIMI Federazione Industria Musicale Italiana). L’idea di creare abbinamenti audaci è giunta anche al Festival di Sanremo. Nel 2019, saliranno sul palco del Teatro Ariston tre coppie formate da cantanti appartenenti a generi diversi: Patty Pravo & Briga, Nino D’Angelo & Livio Cori, Federica Carta & Shade. Avranno fortuna in classifica?
 
Andrea Ordanini, Joseph C. Nunes, Anastasia Nanni (2018), The Featuring Phenomenon in Music: How Combining Artists of Different Genres Increases a Song’s Popularity, in Marketing Letters, 29: 485, DOI: 10.1007/s11002-018-9476-3.

di Claudio Todesco
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