Valorizzare le presenze e imparare a prescinderne
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Valorizzare le presenze e imparare a prescinderne

LA PANDEMIA CI HA INSEGNATO COME FARE CULTURA A DISTANZA, SECONDO STEFANO BAIA CURIONI

Come per molti altri settori, anche nella gestione dello sviluppo culturale la pandemia ha accelerato, e in parte arricchito di nuovi elementi, alcune delle riflessioni già in corso. Nel suo ruolo di presidente e direttore della Fondazione Palazzo Te, Stefano Baia Curioni, docente di Storia Economica, ha un’esperienza paradigmatica avendo attraversato fasi molto diverse, dallo sfarzo di Mantova capitale della cultura 2016, allo spopolamento attuale. Nello studio Cosa ci attende? Note sulla gestione della cultura e sullo sviluppo a base culturale dopo la pandemia, firmato con Stefania Gerevini e pubblicato su Il capitale culturale, il docente ha riassunto una parte della sua analisi intorno al tema della presenza.
 
“Come istituzioni culturali stavamo ragionando su come imparare a valorizzarla”, esordisce il docente. “Per molto tempo, infatti, il pubblico di una mostra o di un museo è stato gestito come un flusso indistinto, un fiume da incanalare nei percorsi di visita, concentrando tutta l’attenzione sulle collezioni, gli oggetti o le architetture. Oggi il mondo ci suggerisce che dobbiamo inventare una nuova curatela, capace di creare relazioni vere e continuative con i visitatori, prestando attenzione a tutti i momenti, dall’acquisto del biglietto all’ospitalità del personale di sala. È un cambiamento che richiede non solo una nuova ripartizione delle priorità, ma anche una revisione nell’allocazione delle risorse e nella selezione delle professionalità”.
 
La pandemia non ha cancellato questa esigenza ma ne ha aggiunta una di segno opposto: come si fa cultura a distanza, quando cioè bisogna prescindere da questa presenza? “A Mantova, nel 2020, abbiamo realizzato 80 produzioni video, dallo 0 dell’anno precedente”, esemplifica Baia Curioni. “È stato un modo per cominciare ad apprendere un sapere che non avevamo. Certo, nessuna istituzione culturale ha budget tali da potersi permettere grandi produzioni, ma può essere l’inizio di qualcosa di nuovo”. L’altra strada da percorrere è chiamare a raccolta il territorio, creando nuovi format di relazione, convenzioni con i mezzi pubblici, rapporti costanti con le scuole, legami con il sistema produttivo. “Bisogna applicare un’azione granulare per diventare catalizzatori di tutte le intelligenze presenti sul territorio, rafforzando il legame tra cultura e sviluppo economico, perché è questo che muove il business, il turismo ne è una conseguenza”, conferma il docente. “È quello che sto cercando di fare, per esempio, con l’iniziativa di Bergamo-Brescia capitali della cultura 2023: due città che, dopo tutto quello che hanno passato, si fanno la promessa di crescere insieme investendo sulla straordinaria intelligenza collettiva del loro tessuto sociale, culturale e industriale”.
 
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di Emanuele Elli
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