Dalle schede perforate a ChatGPT, l'avventura bocconiana di un bayesiano
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Dalle schede perforate a ChatGPT, l'avventura bocconiana di un bayesiano

PIERO VERONESE HA INSEGNATO STATISTICA DI BASE A PIU' DI 10.000 STUDENTI, VIVENDO TUTTE LE TAPPE DI UN CAMMINO CHE HA PORTATO LA BOCCONI A DIVENTARE UN'UNIVERSITA' INTERNAZIONALE E LE SCIENZE QUANTITATIVE A IBRIDARE LE ALTRE DISCIPLINE

A fine settembre 1976, fresco di maturità, Piero Veronese non aveva ancora deciso che cosa fare all’università. “Una mia amica, allora, mi parlò del DES (Discipline economiche e sociali), un nuovo corso al terzo anno di esistenza, che sembrava coniugare la matematica, che amavo, e l’impegno sociale. Così decisi di entrare alla Bocconi.” E da allora non ne è praticamente mai uscito, testimone di 45 anni di un cammino che ha profondamente trasformato l’Università e la società che la circonda.
 
Questo pomeriggio, il Dipartimento di Scienze delle Decisioni gli dedicherà Advances in Bayesian Statistics, an International Workshop in Honor of Piero Veronese, un’occasione per riflettere su alcuni aspetti passati e futuri dell’inferenza bayesiana.  
 
Veronese il giorno della laurea
In 35 anni di insegnamento, Veronese, oggi considerato un esponente di rilievo nel campo della statistica bayesiana, oltre ad aver insegnato in corsi di master e di PhD, calcola di avere tenuto corsi base di statistica a più di 10.000 studenti, “perché ritengo fondamentale il contatto con i giovani appena entrati in università, per dare loro una prospettiva completa sulla statistica, stimolando interessi e curiosità.” Gli studenti di fine anni ‘80 se lo ricorderanno forse con il nomignolo di Boniek, che pensavano di avergli affibbiato a sua insaputa per la forte somiglianza con il calciatore della Juventus e della Roma.
 
Quella che Veronese ha conosciuto da studente era una Bocconi più piccola e più italiana di quella di oggi. “Gli ordinari erano una dozzina, tra cui Francesco Brambilla, il nostro professore di statistica, e non c’era praticamente traccia di studenti o docenti stranieri. Anche se l’Università apriva alle 9, Brambilla cominciava le lezioni alle 8,30, facendoci entrare da una porticina di servizio. I docenti che però mi hanno fatto appassionare alla statistica sono stati, Donato Michele Cifarelli ed Eugenio Regazzini, pionieristici esponenti dell’approccio inferenziale bayesiano, che cominciava a svilupparsi in quegli anni, in contrasto con il più tradizionale approccio frequentista. Cifarelli, in particolare, aveva radunato all’allora Istituto di Metodi Quantitativi (IMQ) un gruppo di studenti del DES più interessati alla statistica che all’economia e io cominciai a passare le mie giornate tra biblioteca e istituto, anziché tornare a casa alla fine delle lezioni, come avevo fatto fino ad allora. In quel gruppo di ragazzi, ora tutti in università italiane e straniere, c’erano anche Sonia Petrone e Francesco Corielli che tuttora sono in Bocconi.”
 
Il dibattito tra frequentisti e bayesiani, in quegli anni, era feroce e l’IMQ della Bocconi, insieme ad analoghe strutture delle università di Trieste e di Roma, era sulla barricata bayesiana. “Ci vedevamo un po’ come guelfi e ghibellini e l’entusiasmo era alle stelle,” dice Veronese
 
In termini semplici, la differenza fra i due approcci nasce dalla diversa concezione della nozione di probabilità. Mentre il frequentista interpreta sempre la probabilità come la frequenza relativa di successo di un evento che si può ripetere infinite volte, per il bayesiano la probabilità è il grado di fiducia che un soggetto attribuisce al verificarsi di un qualsiasi evento e soggetti diversi possono, quindi, attribuire probabilità diverse allo stesso evento a seconda della loro personale conoscenza del fenomeno in questione. L’inferenza bayesiana stabilisce di fatto le regole con cui tali probabilità vanno aggiornate alla luce di nuovi dati. Per capire la naturalezza di tale approccio si consideri un medico che debba fare una diagnosi per un suo paziente a cui ha prescritto un esame clinico. È ovvio che non si baserà solo sull’esito dell’esame, ma terrà conto anche di tutta la sua esperienza in casi simili. “Oggi, comunque, il conflitto si è ricomposto,” dice Veronese, “e si tende a usare l’approccio che meglio si adatta al problema da analizzare.”
 
Dopo la laurea e un dottorato (gestito da un consorzio di università, di cui faceva parte anche la Bocconi), Veronese tornò, nel 1987, all’IMQ, “che viveva in una sorta di limbo,” dice. “Il resto dell’Università ci considerava fondamentalmente dei fornitori di servizi, cioè fornitori dei corsi di matematica e statistica, propedeutici all’insegnamento dell’economia e del management. Ma per noi era un centro di ricerca pura e il nostro punto di riferimento e di confronto era il dibattito scientifico internazionale, con le relative riviste, quindici anni prima della rivoluzione che avrebbe poi coinvolto l’intera Bocconi.” La prima pubblicazione di Veronese su una rivista internazionale di primissimo livello, Biometrika, risale al 1989 e fu scritta assieme a Guido Consonni, consolidando una collaborazione che durerà per molti anni.

Il vecchio IMQ e poi il Dipartimento di Scienze delle Decisioni (di cui Veronese è stato direttore tra il 2008 e il 2013, ndr) hanno anche svolto la funzione di incubatore per discipline che alla Bocconi sono diventate importantissime. “L’econometria, la demografia, la finanza quantitativa, in Università, hanno cominciato a svilupparsi qui,” afferma Veronese, “così come il primo nucleo di computer science. D’altra parte, alcune tecniche di machine learning si basano proprio su principi bayesiani.”
 
Il cammino dell’informatica è stato davvero spettacolare. Se il tema del giorno, oggi, è ChatGPT, quando Veronese era uno studente, la cosa più vicina all’informatica che si studiasse in Università era un corso di calcolo automatico. “Naturalmente,” ricorda, “dovevamo utilizzare un centro di calcolo con macchine a schede perforate. All’esame dovetti presentare un pacco di schede alto come un quaderno per programmare un sistema capace niente di meno che… di mettere in ordine alfabetico i cinema di Milano!”
 
Nel Tassili
In tutti questi anni Veronese ha percorso anche un altro tipo di cammino, fatto di passi in montagna e nei deserti in compagnia di una ristretta cerchia di amici, in gran parte quelli dei tempi del liceo. Il viaggio della vita, quello del 2008 nel Tassili n'Ajjer, un altopiano del deserto del Sahara nel Sud-Est dell’Algeria. “Facevamo trenta chilometri al giorno dimenticandoci di ogni preoccupazione della vita occidentale,” dice, “tra pitture rupestri vecchie di 10.000 anni e paesaggi incontaminati. E adesso stiamo organizzando il giro dell’Annapurna”
 
L’ultimo cambiamento al quale ha assistito non è però stato un cambiamento volontario e non ha riguardato solo la Bocconi. “Gli anni del COVID sono stati davvero brutali,” dice. “Dopo quell’esperienza, sono cambiate le aspettative e le sensazioni vissute dai ragazzi. La tecnologia ha aiutato ad attenuarne l’impatto e si sono sviluppate nuove e interessanti metodologie, ma qualcosa è cambiato davvero per sempre.”

di Fabio Todesco
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