Quando una superpotenza abbaia, i dittatori mordono
SCIENZE POLITICHE |

Quando una superpotenza abbaia, i dittatori mordono

LA MINACCIA DI RIBALTARE UN REGIME AUTORITARIO E' TROPPO SPESSO CONTROPRODUCENTE, SECONDO UNA RICERCA DI LIVIO DI LONARDO. I REGIMI REAGISCONO INVESTENDO DI PIU' NELL'APPARATO DI SICUREZZA E SCHIACCIANDO LE OPPOSIZIONI IDEOLOGICAMENTE VICINE ALLA POTENZA STRANIERA. LE OPPOSIZIONI IDEOLOGICAMENTE DISTANTI, AL CONTRARIO, VENGONO RISPARMIATE

Mentre la maggior parte delle persone riconosce l’iniquità intrinseca di un intervento militare politicamente motivato in altri paesi, i politici hanno spesso utilizzato la logica della realpolitik per giustificare il rovesciamento di regimi autoritari o la minaccia di farlo. L’idea è che la minaccia potrebbe dissuadere i dittatori dalle loro imprese più atroci. Nel suo ultimo articolo, apparso sull'American Political Science Review, Livio Di Lonardo, assistant professor di Scienze Politiche alla Bocconi, argomenta contro questa questa logica.
 
Semmai, la presa degli autocrati diventa più forte con la minaccia di possibili interventi militari da parte di uno Stato straniero. Allo stesso modo, i gruppi di opposizione che lo Stato straniero spera di proteggere finiscono per essere più contrastati rispetto alla situazione in cui la minaccia di un intervento esterno non esiste. E al contrario, quando esistono vari gruppi di opposizione, alcuni ideologicamente lontani, altri vicini alla potenza straniera, quelli lontani (si pensi all'ISIS per gli USA nel contesto siriano) godono di un livello di repressione più basso quando è presente una minaccia credibile per il regime.
 
Nel suo paper, Di Lonardo utilizza un modello formale piuttosto sofisticato che mette a confronto due scenari in cui un dittatore sceglie il livello di sicurezza interna (o di oppressione dell'opposizione) in grado di garantire la sua sopravvivenza al governo, data la forza dei gruppi di opposizione e il costo che un attore straniero deve sostenere per intromettersi negli affari dell’autocrate. Nel primo scenario, il dittatore fa la sua scelta senza che vi sia una minaccia straniera, mentre nel secondo scenario sa che una potenza straniera sta pensando di intervenire. La differenza tra l’equilibrio nei due scenari risulta piuttosto interessante, soprattutto se si includono gruppi di opposizione ideologicamente allineati o disallineati.
 
In primo luogo, sappiamo che la sopravvivenza al potere di un autocrate dipende dal livello di investimento in sicurezza che sceglie. Quando un attore straniero viene incluso nel modello, il dittatore deve mettere in atto un livello di sicurezza che lo protegga non solo dall'opposizione ma anche dalla potenza straniera. Più alto è il livello di sicurezza, più l'intervento diventa costoso per la potenza terza. Ovviamente, se il livello di sicurezza necessario per dissuadere la potenza straniera è inferiore a quello necessario per tenere a bada l'opposizione interna, il dittatore non abbasserà il suo investimento in sicurezza perché rischierebbe di essere estromesso dagli oppositori interni. Nel caso contrario, il dittatore non esiterà ad aumentare il suo investimento in sicurezza ad un livello tale da poter dissuadere sia l'opposizione interna che quella esterna. Pertanto, la presenza di una minaccia per la sicurezza può aumentare il livello di repressione interna, ma non può mai diminuirlo. In quanto tale, può solo rendere la presa del dittatore più forte, mai più debole.
 
In secondo luogo, la minaccia di un intervento straniero può essere scomoda per le opposizioni gradite all'attore straniero. Il dittatore sa che quando c'è un’opposizione credibile pronta a prendere il potere, l'attore straniero è disposto a intervenire e a farlo rapidamente. Pertanto, è necessaria una maggiore sicurezza interna. Tuttavia, quando la potenza straniera sa che, in caso di rovesciamento, un'altra opposizione (forse peggiore) rischia di prendere il potere (diciamo l'ISIS in Siria), probabilmente ci penserà due volte prima di intervenire. In questo modo, la sopravvivenza di un feroce gruppo di opposizione diventa inaspettatamente vitale per il dittatore. Questo potrebbe spiegare perché Assad ha concentrato le sue azioni militari contro le opposizioni più “occidentali” piuttosto che contro l'ISIS o Al-Nusra. Ha scommesso che gli Stati Uniti non avrebbero corso il rischio di liberarsi di Assad solo per vedere gli estremisti al potere nel giro di pochi anni.
 
Di Lonardo, L., Sun, J. S., & Tyson, S. A. (2020). “Autocratic Stability in the Shadow of Foreign Threats”. American Political Science Review114(4), 1247-1265. DOI: 10.1017/S0003055420000489.
 

 
Leggi l'intervista
a Livio Di Lonardo


di Umberto Platini
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