Come il villaggio Bocconi ha portato Paula ad Harvard
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Come il villaggio Bocconi ha portato Paula ad Harvard

PAULA RETTL, CON QUALCHE AIUTO DAI SUOI DOCENTI BOCCONI, HA OTTENUTO UNA POSIZIONE COME ASSISTANT PROFESSOR PRESSO LA HARVARD BUSINESS SCHOOL SUBITO DOPO AVER COMPLETATO IL SUO PHD

C'è voluto un villaggio, ma ne è valsa la pena: la “bambina” ha firmato un contratto come assistant professor presso l'unità accademica Business, Government & the International Economy della Harvard Business School (HBS), a partire da luglio 2023.
 
Quando, a metà settembre 2021, Paula Rettl , allora una studentessa PhD prossima al diploma, è entrata nel job market accademico per le scienze politiche, ha inviato lettere a “tutti i posti in cui mi sarebbe piaciuto lavorare.” Era contenta che la HBS fosse tra le istituzioni che hanno manifestato interesse, ma è stata cauta nel migliorare le proprie aspettative. “Mi mancavano ancora quattro mesi alla discussione della tesi e sapevo che il processo di selezione sarebbe stato duro,” dice Rettl.
 
Il primo stadio, in ottobre, è stato un colloquio online di 30 minuti. Ogni candidato si affaccia al job market con un paper, ma i colloqui servono anche a capire se c’è corrispondenza tra l’agenda di ricerca e di insegnamento dei candidati e quella della scuola. Nel caso di Rettl, evidentemente, la corrispondenza c’era, perché, a novembre, è stata chiamata ad Harvard per il “flyout.”
 
Il flyout è il momento decisivo del job market accademico: i candidati sono invitati a visitare l’università che potrebbe assumerli per affrontare una serie di colloqui individuali e presentare il job market paper ai professori dell’istituzione. “In quell’occasione,” ricorda Rettl, “alla mattina, ho sostenuto una mezza dozzina di colloqui individuali e nel pomeriggio ho presentato il mio paper. La presentazione è durata circa 90 minuti, metà dei quali dedicati a rispondere alle osservazioni e obiezioni della faculty.”
 
  

Il job market paper di Rettl riassume i suoi interessi di ricerca, che ruotano intorno all’impatto della globalizzazione sulle preferenze degli elettori e sui governi. “Ci si attende che gli individui più penalizzati dalla globalizzazione,” riassume, “appoggino i partiti che propongono di espandere lo stato sociale. Nel mio paper, però, sostengo che ciò è vero solo quando lo stato è l’attore più credibile nell’offerta di welfare. Nel Sud del mondo spesso non è così: organizzazioni non statali, come chiese e gang, riescono a volte a dare l’impressione di fornire questi servizi in modo più efficace dello stato. Riescono poi a usare questo potere per condizionare così l’esito delle elezioni. Io analizzo il caso della Chiesa Evangelica in Brasile, che ha saputo spostare verso l’estrema destra le preferenze dei propri aderenti.”
 
È proprio per trovare un ambiente di ricerca attento alle conseguenze della globalizzazione che Rettl si è iscritta, nel 2017, a quello che oggi è diventato il PhD in Social and Political Sciences. “Scrissi a Piero Stanig, che ha pubblicato molto sull’argomento, e ricordo che mi consigliò di iscrivermi per avere un training di tipo metodologico che non ha pari in nessun PhD di scienze politiche in Europa. Oggi posso dire che aveva ragione e che è uno dei motivi determinanti del buon esito del mio job market. Un altro è l’attenzione a reclutare studenti PhD con background accademici diversi, in modo che possano arricchirsi vicendevolmente.”
 
Rettl, che aveva frequentato un Bachelor in geografia nel nativo Brasile, aveva scoperto le scienze politiche durante un periodo di scambio alla Copenhagen University e se ne era innamorata, fino a iscriversi a un Master in European Affairs a Sciences Po.
 
Parafrasando il detto africano secondo cui “serve un villaggio per allevare un bambino”, Catherine De Vries, la supervisor e mentor di Rettl, dice che “serve un villaggio per trasformare uno studente di PhD in un professore” e Paula ha sentito la presenza del villaggio nel corso dei suoi anni alla scuola di PhD e, significativamente, nelle settimane di preparazione al flyout.
 
“Catherine, tra le mille altre cose, mi ha fatto in modo che potessi trascorrere periodi da visiting researcher a Yale e Oxford e mi ha reclutata nel gruppo di ricerca del suo progetto LOSS, finanziato dall’European Research Council (nella foto, il team di LOSS, con Paula seconda da sinistra e Catherine seconda da destra). Con lei e con Piero ho potuto discutere tonnellate di letteratura. Paolo Graziano, Lanny Martin e Anthony Bertelli mi hanno fatto fare esperienza di insegnamento, mentre con Massimo Anelli ho cominciato a fare la research assistant.”
 
In questi anni Paula ha saputo superare anche una certa reticenza ad esporsi, che la penalizzava ogni qual volta doveva parlare in pubblico. “Da una parte, catherine mi ha insegnato come si fa una presentazione, dall’altra ho anche usufruito dei servizi di counseling professionale forniti dalla scuola.”
 
Una delle esperienze più appaganti, però, è stato il supporto di tantissimi docenti alla preparazione del flyout. “Ho potuto provare la mia presentazione moltissime volte, raccogliendo le osservazioni e i suggerimenti di tutti. Da sola, sarebbe stata un’altra cosa.”
 

di Fabio Todesco
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